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Settembre 21

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La Toscana nuova - Anno 4 - Numero 8 - Settembre 2021 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074


Emozioni visive

a cura di Marco Gabbuggiani

E tu che occhi hai?

Testo e foto di Marco Gabbuggiani

La bellezza e la sensualità sono sempre negli occhi di chi

guarda e puoi vederle anche in una ragazza che legge un libro

al bar seduta in un angolo; possono essere però anche

rappresentate dalla sua pelle seducente nascosta tra ombre

e luci. La vibrazione che crea quella pelle resta in bilico

tra l’innocenza e la bellezza di chi gode della visione di

una cosa perfetta e… la volgarità di chi la guarda con occhi

sbagliati. Una sorta di equilibrio tra l’innocenza dell’uno e

la volgarità dell’altro. Da parte mia, amo troppo la donna

per farla scadere nella volgarità e in questa uscita presento

tre foto che amo particolarmente e che ho scattato un

po’ di tempo fa.

[email protected]

Da oltre trent'anni una

realtà per l'auto in Toscana

www.faldimotors.it



SETTEMBRE 2021

I QUADRI del mese

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Carlo Conti: la mia carriera è iniziata al Poggetto

Intervista a Paolo Tedeschi, Communication Manager di Canon Italia

I racconti di luce del fotografo Alessandro Mayer

Sabine Weiss, l’ultima esponente della fotografia umanista francese

Paolo Hendel, campione della comicità made in Tuscany

La settima edizione del Castiglioni Film Festival

Al Museo Diocesano di Andria un’opera di Carmelo Fabio D’Antoni

Curiosità fiorentine: Boboli, il giardino dei fiorentini

Chiavacci Antichità: dal 1939, eccellenza antiquaria a Firenze

Il Museo archeologico e della Collegiata di Casole d’Elsa

Diego Romanacci racconta il progetto ECOArtsNFT

Indagine tra arte e storia: il frutto del peccato era proprio la mela?

Dimensione salute: grattarsi la testa per affrontare lo stress

Psicologia oggi: quando puntualizzare troppo rovina la coppia

I consigli del nutrizionista: come curare sovrappeso e obesità

Un ricordo di Vinicio Berti nel centenario della nascita

La sottile differenza: il nuovo romanzo di Federico Fabbri

Tutela dell’ingegno: la brevettabilità nel settore farmaceutico

L’avvocato risponde: la disciplina legale delle convivenze

Ali Banisadr omaggia Dante con una mostra a Firenze

Duilio Tacchi: dal colore, un nuovo dialogo con il visibile

Raccontare i territori con il Movimento Life Beyond Tourism

La voce dei poeti: le liriche di Isabella Cipriani

Le fotografie di Danilo Susi a Firenze per ARTOUR-O

Un anno di grandi progetti per l’artista Nikla Biagioli

Il Mugello per Dante con l’evento DurANTE l’anno

Jorge Goncalves Romero di nuovo a Venezia per Aqvart

Giuseppe Ferlito, regista e fondatore della scuola Immagina a Firenze

Maria Laura Sorìa Tonelli, la poetessa del silenzio interiore

Caravaggio e Michelangelo: un confronto tra due giganti dell’arte

Adrienne e Tamara de Lempicka: sorelle nella vita e nell’arte

Doppia mostra a Venezia e Firenze per l’artista Alma Sheik

Storia delle religioni: riflessioni sull’enciclica di papa Francesco

Concerto in salotto: Quartetto Cetra, una lezione di polifonia

Al cinema a casa: Wim Wenders incontra Sebastião Salgado

All’Auditorium al Duomo la collettiva di Napoli Nostra

Ritratti d’artista: materia e vita nelle opere di Vince

Barbara Briccolani, artista dalle tante anime

Michal Ashkenasi e Stephanie Holznecht protagoniste a Venezia

Al via la terza edizione della rassegna internazionale d’arte Aqvart

Stefania Silvari, una pittrice dall’innata capacità interpretativa

Economia post Covid: le nuove strategie dell’internazionalizzazione

La Fiorentina secondo l’ex attaccante viola Claudio Desolati

Toscana a tavola: le uova, un classico intramontabile in cucina

Di-segni astrologici: Vergine, il segno della terra e del benessere

Percorsi d’arte: il tabernacolo di via dell’Arcolaio a Firenze

B&B Hotels: la scelta migliore a Roma per qualità e prezzo

Il “cibo della memoria” dell’attore e regista Antonio Petrocelli

Benessere della persona: i profumi della Toscana sempre con te

Margherita Biondi, I fiori della proloco di Cutigliano,

acrilico su tela, cm 50x50

[email protected]

Manuela Morandini, Il paesaggio chiantigiano,

acquerello su carta, cm 22x18

[email protected]

In copertina:

Alma Sheik, Odalische (2021),

acrilico su tela, cm 70x70

Periodico di attualità, arte e cultura

La Nuova Toscana Edizioni

di Fabrizio Borghini

Via San Zanobi 45 rosso 50126 Firenze

Tel. 333 3196324

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Anno 4 - Numero 8 - Settembre 2021

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Capo redattore:

Maria Grazia Dainelli

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La Toscana nuova -

Periodico di attualità, arte

e cultura

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Testi:

Manuela Ambrosini

Luciano Artusi

Ricciardo Artusi

Francesco Bandini

Rosanna Bari

Ugo Barlozzetti

Margherita Blonska Ciardi

Doretta Boretti

Fabrizio Borghini

Lorenzo Borghini

Erika Bresci

Andrea Cafaggi

Viktoria Charkina

Jacopo Chiostri

Silvia Ciani

Isabella Cipriani

Alessandra Cirri

Carlo Conti

Nicola Crisci

Maria Grazia Dainelli

Aldo Fittante

Giuseppe Fricelli

Serena Gelli

Stefano Grifoni

Stefania Macrì

Chiara Mariani

Elisabetta Mereu

Mariagrazia Carmela

Minio

Emanuela Muriana

Lucia Petraroli

Elena Maria Petrini

Antonio Pieri

Matteo Pierozzi

Daniela Pronestì

Valter Quagliarotti

Barbara Santoro

Carmen Schipilliti

Michele Taccetti

Franco Tozzi

Foto:

Rosanna Bari

Margherita Blonska Ciardi

Doretta Boretti

Alessandro Botticelli

Andrea Cafaggi

Maria Grazia Dainelli

Rudy Falomi

Toti Lo Verde

Alessandro Mayer

Carlo Midollini

Sabine Weiss

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Giuliacarla Cecchi

by Pola Cecchi

Sfilata a Villa Viviani per Florence Dragon Ladies


Personaggi

Carlo Conti

La mia carriera è iniziata al Poggetto

di Carlo Conti

La prima Comunione alla chiesa dei Cappuccini officiata da padre Stanislao

Sono nato il 13 marzo 1961

a Firenze esattamente in

piazza Indipendenza, battezzato

in Battistero, ma sono

cresciuto e ho sempre vissuto

fino al 1982 in via Vittorio Emanuele,

all’altezza di quella che

era chiamata piazza Tavanti ma

che, in realtà, è sempre stata

una piazza anomala, uno slargo

dove c’era solo un “birillone”

luminoso nel mezzo che faceva

da rotatoria. L’identità di quella

piazza e di quella parte del Poggetto,

la si doveva più ai negozi

che vi si affacciavano come

il Bilaghi (elettricista e rivenditore

di elettrodomestici dove

ho comprato i miei primi 45

giri), Franco Fiori, il civaiolo, gli

ortolani, il ferramenta, il vinaio,

l’ottico Del Lungo, il fornaio, un

piccolo pizzicagnolo, il parrucchiere,

la farmacia, il negozio di

calzature Piero (dove i genitori

compravano ai bambini i sandali

blu con gli “occhi”), la cartoleria

Duanne (dove la mia mamma

andava nel periodo natalizio ad

aiutare a confezionare i pacchi

dei regali), il bar di Olga Vannucchi

sull’angolo della piazza,

la gelateria Baroncini… Era

un micromondo dove, nell’arco

di cento metri, trovavi tutto: una

sorta di piccolo centro commerciale

naturale a carattere molto

familiare. Sul lato di fronte, invece,

campeggiava l’antica Villa

Ramberg, dove aveva avuto

sede fino a qualche anno prima la scuola media Poliziano

e, sul marciapiede, l’edicola dei giornali dei genitori della

mia amica Mirta. E poi c’erano i cinema, dal vicinissimo

Adriano ai più distanti Flora, Romito, Faro, Vittoria e d’estate

andavamo in due arene, quella della Società di Mutuo

Soccorso di Rifredi e lo splendido Giardino Primavera con

doppio ingresso da via Taddeo Alderotti e da via Dino del

Garbo quasi dirimpetto alla scuola Matteotti. Le elementari

le ho fatte proprio lì, alla maestosa scuola Matteotti del viale

Morgagni. Ci ho fatto anche l’asilo che era in un edificio

prefabbricato fuori dal complesso scolastico che poi è stato

demolito. All’asilo ho avuto la maestra Miccinesi, mentre

alle elementari il mitico maestro Umberto Terzi, il vero

signor maestro, alto, imponente… indossava abitualmente

un completo grigio e camicia bianca: veramente fantastico!

La Matteotti era una scuola bellissima e mi sembrava

gigantesca; ma qualche anno fa ci sono ritornato e ai miei

occhi di adulto era ovviamente normale, anzi, quasi picco-

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CARLO CONTI


la rispetto al ricordo! Succede a tutti, da

bambini ci sembra ogni cosa più grande

di quello che in realtà è. La mia passione

per la pesca è iniziata proprio lì, alla

Matteotti, dove al centro del cortile c’era

una vasca con dei pesci rossi che io

cercavo inutilmente di catturare durante

la ricreazione utilizzando delle molliche

di pane. Le medie le ho fatte alla Poliziano

che allora era in cima a via Massaia

dove oggi c’è la Facoltà di Ingegneria,

in una classe di tutti maschi. Come dimenticare

la professoressa Cipollaro di

Italiano e, soprattutto, la inflessibile professoressa

Spada di Matematica che ci

faceva tenere un quadernetto dove dovevamo

appuntare tutto in maniera maniacale,

dai voti alle motivazioni fino agli

errori fatti. Ai Cappuccini ho fatto Comunione

e Cresima, c’erano padre Ottavio,

padre Flavio e padre Stanislao che allora

era il parroco. Facevo il chierichetto e

c’era un medagliere con le presenze: non

ho mai vinto anche se mi sono sempre

piazzato bene. La chiesa dei Cappuccini

è stato il luogo che ho frequentato più

assiduamente. Andavo alla Casina a giocare

a pallone e anche al Poggetto dove

giocavamo nel campo dove negli anni

Settanta fu costruito l’attuale parcheggio

per le auto. Al Poggetto c’erano la

piscina e la pizzeria dove facevano una

pizza squisita. In casa i soldi erano pochi

e quando la mamma mi ci portava,

era quasi un evento… anzi, non quasi, era

proprio un evento! Per giocare alla Casina

dovevo portare il pallone perché, non

essendo un campione, non avrei giocato

mai. Nonostante ciò, talvolta venivo relegato

ugualmente a bordo campo e allora

ne approfittavo per fare delle improvvisate

radiocronache degli incontri. Si può

dire che la mia carriera è iniziata lì. Quella

zona era vissuta da persone che si

conoscevano, si salutavano, si frequentavano

e, all’occasione, si aiutavano. Era

una quotidianità fatta di riti che si ripetevano

ogni giorno come la colazione al

bar Vannucchi o l’acquisto del latte dal

Baroncini oppure il conto aperto dal panettiere

e dall’ortolano. Di quel meraviglioso

micromondo oggi è rimasto poco,

ma per chi ha vissuto quegli anni in quel

quartiere basta chiudere gli occhi per ricordare

con nostalgia perché erano anni

sicuramente fatti di cose più semplici e

povere, ma forse migliori.

Lolette, mamma di Carlo Conti, affacciata sul terrazzo della casa di via Vittorio Emanuele

Il piccolo Carlo mentre fa una linguaccia davanti al negozio dell'ortolano di piazza Tavanti

CARLO CONTI

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Personaggi

Paolo Tedeschi

A Cortona On The Move, il Marketing & Corporate Communication Senior

Manager di Canon Italia racconta le sfide presenti e future nell’azienda

leader nel settore dell’imaging

di Maria Grazia Dainelli / foto Carlo Midollini

Cosa significa ricoprire un ruolo così prestigioso?

Ogni giorno sento il peso delle mie responsabilità e

cerco di svolgere al meglio il mio lavoro che è quello di coordinare

le attività di comunicazione e i servizi di marketing e

allo stesso tempo gestire le relazioni esterne ed istituzionali.

Nel 2020, è stato inserito nella classifica dei cento direttori

marketing più autorevoli d’Italia secondo la prestigiosa

rivista Forbes. Può riassumerci il percorso professionale

grazie al quale è arrivato alla Canon?

È una grande soddisfazione aver ottenuto questo riconoscimento

quale conferma di una reputazione fatta di competenza,

passione e professionalità. Sono entrato in Canon

nel 2011, attraverso la selezione di un head hunter, e ho acquisito

il ruolo di Corporate Communication Senior Manager

nel 2016. Il business mantra che guida le mie scelte in

ambito lavorativo è questo: nel dubbio tra promuovere o proteggere

l’azienda, scelgo di proteggerla.

La vostra filosofia aziendale si fonda sul principio giapponese

del “Kyosei” che vuol dire “vivere e lavorare insieme

per il bene comune”. In che modo questo si riflette nei rapporti

tra i dipendenti e nel servizio all’utente?

Abbracciare questo principio è un modo anzitutto per ricordare

le origini dell’azienda, nata in Giappone nel 1937. La filosofia

del “Kyosei” mette al centro l’uomo, l’ambiente e la

sostenibilità, nella consapevolezza che solo lavorando in sinergia

per il raggiungimento di un obiettivo comune e quindi

“fare squadra” consenta di ottenere risultati importanti

per l’azienda e per gli utenti a cui ci rivolgiamo. Lavoro insieme

ad una squadra composta da quattro splendide donne:

Alessandra, Federica, Giada, Roberta. Adottiamo un modello

inclusivo fatto di fiducia reciproca, costante scambio di informazioni,

relazioni forti, profonde riflessioni e valutazioni etiche:

penso sia questa la chiave del nostro successo.

Da circa vent’anni Canon Italia pone attenzione ai temi

dell’ambiente e della sostenibilità. Con quali azioni concrete?

Penso sia evidente a tutti che da qualche anno è diventato

di moda parlare di sostenibilità ma fortunatamente anche

le mode aiutano ad individuare delle azioni concrete che possono

essere d’ispirazione per tutti o comunque per tanti. La

pandemia ha fatto capire al mondo di non essere ancora pron-

Paolo Tedeschi, il primo da sinistra, al Cortona On The Move

to a vivere in modo sostenibile. Canon ha anticipato i tempi

adottando già trent’anni fa una tecnologia riciclabile fino ad

arrivare all’80%. Mi piace sottolineare inoltre che molte delle

nostre forniture viaggiano su navi e non su aerei, per garantire

il minor impatto possibile sull’ambiente. Una scelta che ci

espone a maggiori rischi come il recente blocco del Canale

di Suez. Da sempre sostengo che questa sensibilità occorre

averla dentro di noi altrimenti è difficile costruirla, e la gente,

gli amici del brand e i follower se ne accorgono.

Come avete affrontato l’emergenza sanitaria?

Abbiamo istituito sin da subito un comitato di crisi che aveva

l’obiettivo di acquisire informazioni e procedure, analizzare

i dati dei vari territori sia a livello italiano che europeo per

condividerli costantemente e farli diventare conoscenza globale

con la massima attenzione verso il prossimo. Non ci siamo

mai fermati, abbiamo continuato a lavorare garantendo ai

nostri clienti assistenza e forniture. Quello di cui vado fiero è

che in Canon Italia non ci sia stato alcun contagiato per motivi

di lavoro in tutto il periodo dell’emergenza. Di fatto il comitato

di crisi ha raccolto tutte le informazioni dall’esterno per

farle diventare comunicazione interna e informazione costante

riguardo ai comportamenti da tenere in azienda, dai clienti

e, perché no, nella vita di ogni giorno. Canon è presente in tutti

i continenti e i manager di tutti i paesi che insistono sul territorio

EMEA hanno da sempre relazioni costanti tra loro utili

a capitalizzare le diverse competenze ed esperienze, accorciando

così i tempi per la realizzazione di azioni coordinate e

concrete. In un periodo così difficile abbiamo di fatto aumentato

i momenti di incontro e interscambio di informazioni onli-

8

PAOLO TEDESCHI


ne proprio con l’obiettivo di fare fronte unico nella lotta alla

pandemia e lavorare per il bene comune primario: la salute.

Che ruolo svolge Canon Accademy On Air?

In questo periodo complicato abbiamo dovuto decidere cosa

e quanto comunicare in termini di formazione ai professionisti

ma anche a chi ama la fotografia. Per questo motivo, Canon

Accademy è diventata Canon Accademy On Air, iniziativa che

ha riscontrato grande successo. Oltre che di fotografia nella

sua più ampia accezione, abbiamo parlato di video, Fine Art

e stampa fotografica con i professionisti della fotografia, da

quella matrimonialista a quella naturalistica e sportiva. Anche

il ruolo dei nostri social media è cambiato e, devo dire,

grazie all’impegno dei colleghi che ne hanno compreso la forza,

rendendo possibile così un cambio di passo immediato,

per la corretta divulgazione dei messaggi formativi e informativi

sulle varie piattaforme digitali. È stato un bel gioco di

squadra che continuerà anche nel prossimo futuro perché ci

siamo resi conto dell’importanza di tenere le lezioni in presenza

ma anche di avvalersi dei canali online per implementare

la divulgazione tecnica, mantenere aperto il dialogo con

il pubblico e rispondere in tempo reale alle sue richieste.

Fra i vostri principali obiettivi c’è quello di sviluppare nuovi

servizi per le aziende, accompagnandole nell’evoluzione digitale

e nell’innovazione tecnologica come fattori strategici

per l’ottimizzazione dei processi aziendali. Quali strumenti

mettete a disposizione?

Durante la pandemia abbiamo offerto ai nostri clienti momenti

di formazione da remoto indicando loro soluzioni concrete

rispetto al grande tema ormai non più procrastinabile

della transizione digitale. Perché oltre a fornire tecnologia

innovativa e soluzioni di stampa alle aziende, agli ospedali,

enti pubblici e privati, piccole e medi imprese, abbiamo sentito

l’esigenza di indicare come utilizzare al meglio la tecnologia

per promuovere la digitalizzazione e introdurre nuovi

modelli di business.

Canon è un’azienda attenta alla responsabilità sociale?

All’origine, il nome dell’azienda era “Kwanon” ovvero Dea della

Misericordia. Questo per dire che siamo consapevoli del

fatto che i risultati ottenuti sul mercato debbano in qualche

modo essere restituiti alla società anche attraverso piccoli

gesti, com’è successo ad esempio con la donazione di cinquecento

stampanti ad enti, strutture sanitarie, associazioni

ed ospedali da campo impegnati nella lotta al Coronavirus.

Insieme all’associazione AIDR e al suo presidente Mauro Nicastri

abbiamo provveduto ad inviare le stampanti a chi ne

aveva necessità – e i requisiti – mettendo a loro disposizione

anche un tecnico online per qualsiasi informazione sulla

procedura di installazione.

Paolo Tedeschi

PAOLO TEDESCHI

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Fotografi

contemporanei

A cura di

Maria Grazia Dainelli

Alessandro Mayer

Quando la luce racconta

di Maria Grazia Dainelli / foto Alessandro Mayer

L’evoluzione di Alessandro Mayer come fotografo nasce

dalla passione per il disegno e successivamente

dalla scoperta della fotografia analogica che, fin

dal suo esordio, gli ha permesso di lavorare con la pellicola

e di completare il processo anche in camera oscura. Ha iniziato

a documentarsi sulle opere dei grandi autori per conoscere

più da vicino e nel profondo questo mezzo espressivo

e, come per tutte le altre arti visive, ha capito che doveva

necessariamente imparare il linguaggio delle immagini

a partire dalle idee da comunicare. Passione e determinazione

gli hanno consentito di elaborare una cifra espressiva

del tutto personale e di maturare una propria visione della

fotografia, senza mai sconfinare nell’imitazione degli esempi

dei maestri. Un continuo percorso di crescita che Mayer

ha affinato ascoltando musica e prendendo ispirazione dalla

bellezza universale e senza tempo della città di Firenze.

Occuparsi di arti visive e tutto ciò che esprime poesia, bellezza,

emozioni, gli ha permesso di accrescere la sua sensibilità

sul mondo. Ha iniziato a scattare all’età di 18 anni

collaborando con altri fotografi e realizzando immagini di

vario genere compresi i matrimoni dove, a suo parere, è racchiuso

il concentrato di quello che andava cercando, dando

poi una svolta al suo racconto tutt’altro che banale e scontato

ed imponendo il suo modo di raccontare e il proprio

sentimento. L’esperienza acquisita come fotoamatore lo ha

spinto ad intraprendere la strada del professionismo spaziando

in vari ambiti fotografici, dallo still life alla fotografia

industriale e d’arte. Aperto a sempre nuove sfide, esprime

quello che ha dentro attraverso scatti pensati e profondamente

“sentiti”. La tecnica fa parte del suo mestiere: per

lui, il passaggio dalla pellicola al digitale non ha rappresentato

una limitazione, perché ciò che conta – ne è fermamente

convinto – non è lo strumento, ma aver ben chiaro

in testa, prima di scattare, cosa si intende esprimere attraverso

l’immagine. L’importante, quindi, non è la quantità ma

la qualità degli scatti realizzati. In passato, da amatore, ha

partecipato a vari concorsi di fotografia proseguendo con

mostre personali in luoghi prestigiosi e ricevendo importanti

riconoscimenti. La sua scelta, tuttavia, è stata quella di

vivere di fotografia, riuscendo negli anni a conquistare la fiducia

di una clientela variegata, grazie alla serietà, all’abilità

e all’impegno che da sempre mette nel suo lavoro. Tra i

diversi generi fotografici predilige quello del ritratto perché

gli permette di stabilire un’empatia profonda con il soggetto,

di “rubargli” l’anima, attribuendo così un senso sempre

nuovo all’arte fotografica. La luce è fondamentale nei suoi

scatti per conferire intensità e valore poetico alle immagini.

Il suo occhio attento e sensibile filtra la realtà e ne offre

un’interpretazione, con la curiosità, la sete di conoscenza e

l’umiltà di chi, pur avendo tagliato traguardi importanti, sente

di essere sempre in cammino.

Per chi volesse conoscerlo:

www.photomayer.it

[email protected]

Photo Mayer e Alessandro Mayer

Alessandro Mayer

10 ALESSANDRO MAYER


A cura di

Nicola Crisci e Maria Grazia Dainelli

Spunti di critica

fotografica

Sabine Weiss

L’ultima grande protagonista della fotografia umanista francese

di Nicola Crisci / foto Sabine Weiss

Nata a Saint-Gingolph in Svizzera

il 23 luglio 1924, Sabine

Weiss iniziò a fotografare nel

1932 e, qualche anno dopo, nel 1946

si trasferì a Parigi avvicinandosi allo

stimolante ambiente culturale della

capitale francese. Conobbe il pittore

americano Hugh Weiss che sposò il 23

settembre 1950 e nello stesso periodo

aprì il suo studio fotografico cimentandosi

in vari generi. Appassionata di

musica, ha ritratto grandi nomi come

Stravinsky e Casals, ma anche protagonisti

della letteratura e dell’arte come

Fitzgerald, Giacometti, Rauschenberg,

Dubuffet, Sagan, del cinema come Jeanne

Moreau e della moda come Chanel.

Fondamentale per raggiungere il

successo fu lavorare per giornali e riviste

celebri nel mondo come The New

York Times, Vogue, Paris Match, Life, Time e Newsweek. La

sua attenzione si spostò sulla fotografia documentaria e

viaggiò non solo negli Stati Uniti ma anche in Egitto, India,

Marocco e Myanmar. A partire dal 1950, iniziò a collaborare

con la principale agenzia di stampa francese che gestiva

il lavoro di Robert Doisneau, il quale divenne suo estimatore.

Da quel momento, e fino agli anni 2000, continuò a lavorare

per la stampa illustrata internazionale, oltre che per

Moderno villaggio di pescatori (Portogallo, 1958)

numerose istituzioni e marchi prestigiosi, realizzando reportage,

servizi di moda, pubblicità, ritratti di celebrità. Parallelamente

all’attività professionale, si dedicò alla fotografia di

strada, immortalando in particolare i bambini, sempre con

un approccio rispettoso dei temi più delicati e con attenzione

al racconto dei contesti di vita più popolari come caffè e

pub. Nonostante i suoi successi e la pubblicazione di circa

40 libri, Sabine Weiss rimane ancora oggi una fotografa poco

conosciuta dal grande pubblico.

Ancora attiva a più di 90 anni,

ha accettato nel 2017, di presentare

e donare al Musée de l’Elysée

di Losanna i suoi archivi personali

con ben 200.000 negativi, 7.000

provini a contatto, 2.700 stampe

d’epoca, 3.500 stampe e 2.000

diapositive. Di se stessa ama dire:

«Fotografo per preservare l’effimero,

fissare il caso, conservare

in un’immagine ciò che scomparirà:

gesti, atteggiamenti, oggetti

che sono testimonianze del nostro

passaggio».

FOTOGRAFIA PASSIONE PROFESSIONE IN NETWORK

www.universofoto.it

Via Ponte all'Asse 2/4 - 50019 Sesto F.no (Fi) - tel 0553454164

Una vetrina (Parigi, 1955) Pennsylvania Station (New York, 1962)

SABINE WEISS

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Dal teatro al

sipario

A cura di

Doretta Boretti

Paolo Hendel

Un campione della comicità made in Tuscany

di Doretta Boretti / foto courtesy Paolo Hendel

Proseguendo il nostro viaggio nel “Gran Ducato

della comicità”, incontriamo un attore fiorentino

che, con la sua straordinaria vena artistica,

ha donato a tutti noi emozioni a non finire. Comico,

cabarettista, attore e commediografo, ha calcato i

palcoscenici di tutta Italia e ha varcato i confini delle

nostre abitazioni. La sua comicità, prodotta da una

acuta intelligenza, ci rende sempre più orgogliosi di

essere toscani. Quest’artista è Paolo Hendel.

Lei è un perspicace osservatore della realtà politica

e sociale del nostro tempo. Con questo strumento

è riuscito a creare la sua comicità. È difficile, vero,

fare ridere?

La prima volta che mi sono deciso a salire su di un

palcoscenico con la strana idea di far ridere il prossimo

l’ho fatto, senza ancora esserne capace più di

tanto, perché mosso da un bisogno che direi fisiologico.

Il bisogno di ridere delle cose della vita che

non ti piacciono e di farlo con un pubblico con cui potersi

sentire in sintonia. Ogni volta è come respirare

una boccata d’aria buona, esorcizzando le cose brutte

della vita.

Paolo Hendel

Ph. Rudy Falomi

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PAOLO HENDEL


Quando ha iniziato a recitare, alcuni anni or sono, aveva

immaginato la straordinaria carriera che l’attendeva e i

grandi successi conseguiti?

La carriera va e viene, con alti e bassi. Alcune cose funzionano

e altre no. È necessario capire di volta in volta cosa

si sta facendo ed essere capaci di correggere il tiro salvando

le cose che funzionano e buttando le altre. Di solito

per arrivare a fare una cosa buona se ne devono fare molte

non buone… L’importante è rendersene conto.

I biscotti “all’asfalto”, le merendine alla “stricnina”, tutta

la storia di CarCarlo Pravettoni... Ma come le sono venute

in mente queste idee?

Non avrei mai immaginato che sarei riuscito a dar vita ad

un personaggio come CarCarlo Pravettoni. È nato a Mai Dire

Gol grazie alla Gialappa’s Band e per me quella è stata

una straordinaria scuola di comicità.

Ha girato film, calcato numerosi palcoscenici di affermati

teatri e ha varcato i confini delle nostre case con la

sua intensa attività televisiva. Quale di queste esperienze

è stata più piacevole?

Il monologo in teatro per me è sempre il primo passo. È la

cosa che controllo meglio, che parte da me e che posso

correggere e migliorare sera dopo sera. Di solito non sono

Ph. A. Botticelli

Nel ruolo di CarCarlo Pravettoni (ph. A. Botticelli)

PAOLO HENDEL

13


mai completamente soddisfatto del risultato e quindi seguito

sempre a correggere e a cambiare qualcosa.

Con Marco Vicari e la geriatra Maria Chiara Cavallini ha

scritto La giovinezza è sopravvalutata. Il manifesto per

una vecchiaia felice (Rizzoli 2018). Questo libro, che poi

è diventato anche uno spettacolo teatrale, ha preceduto

di poco la pandemia. Ce ne può parlare?

Proprio questo giugno ho ripreso a girare con La giovinezza

è sopravvalutata in spazi con il necessario distanziamento

sociale, pubblico con mascherina, ecc.. Questo

monologo è per me l’occasione di fare i conti con gli anni

che passano e ridere di me stesso e delle nostre paure

legate all’età, alla giovinezza che se ne va in un soffio

e alla terza età che a grandi passi si avvicina. Da Giacomo

Leopardi a Mario Draghi passando per Matteo Salvini.

Sì, qua e là ogni tanto fa capolino l’attualità politica. È più

forte di me…

In questo momento di grandi “incertezze” abbiamo bisogno,

ancora di più, del suo talento artistico. Per questa

fine estate e per i mesi a venire qual è il suo obiettivo?

Riprendere finalmente in modo continuativo la stagione

teatrale interrotta dalla pandemia, sperando che sempre

più persone capiscano l’importanza di vaccinarsi contro

questo maledetto virus che ci ha messo in ginocchio.

14 PAOLO HENDEL


Eventi in

Toscana

Castiglioni Film Festival

Anche la settima edizione è stata un successo: protagonisti il cinema di

qualità e alcuni brillanti interpreti e registi insigniti del premio alla carriera

di Serena Gelli / foto courtesy ufficio stampa Castiglioni Film Festival

Dal 15 al 18 luglio 2021 a Castiglion Fiorentino si

è svolta la settima edizione del Castiglioni Film

Festival, la cui direzione artistica è stata affidata

a Romeo Conte, già direttore della manifestazione SA.

FI.TER in Puglia e del Prato Film Festival. L’evento è stato

condotto dal comico Piero Toricelli, che a questo proposito

ha dichiarato: «Il Castiglioni Film Festival ha avuto un’organizzazione

perfetta, i cortometraggi sono stati di ottima

qualità, ci sono stati ospiti importanti e molto pubblico,

ovviamente sempre rispettando i protocolli Covid. Durante

questi giorni il borgo toscano si è animato di persone

che hanno non solo visto il Festival ma hanno anche passeggiato

per le vie cittadine, a testimonianza del fatto che

con i piccoli gesti si creano grandi cose come il Castiglioni

Film Festival. Un sentito ringraziamento va al sindaco di

Castiglion Fiorentino Mario Agnelli, all’assessore alla Cultura

Massimiliano Lachi e a tutta l’amministrazione comunale

per questa splendida opportunità». I cortometraggi

sono stati suddivisi in tre sezioni a tema libero: Commedia,

Dramma e Experimental. I vincitori, provenienti da

ogni parte d’Italia, sono stati premiati con pezzi unici realizzati

a mano da artisti locali. Il Festival è stato anche una

vetrina importante per farsi notare da esperti del settore

e addetti ai lavori. Durante la serata sono stati consegnati

i premi alla carriera a Enrico Vanzina, Maurizio Mattioli,

Milena Vukotic, Neri Parenti e al regista Alessandro Pondi

per il suo ultimo film attualmente al cinema School of

Mafia con Nino Frassica, Monica Vallerini e Paola Minaccioni,

quest’ultime entrambe presenti al Castiglioni Film

Festival. Altri premi sono stati consegnati per il film e la

serie Boris agli attori Alessandro Tiberi e Alberto Di Stasio

e per il libro Boris – un libro alla c…o di cane agli autori

Gianluca Cherubini e Marco Ercole. Premio alla carriera

Il regista Enrico Vanzina, premio alla carriera assegnatogli nell'ambito del Festival,

con il comico conduttore della manifestazione Piero Torricelli

anche alla nota stilista Regina Schrecker, allo scenografo

Lorenzo Baraldi e alla costumista Gianna Gissi che hanno

allestito con i loro bozzetti la mostra I mestieri del Cinema

- un lungo viaggio nel cinema italiano, nel sottotetto del

Teatro “Mario Spina” di Castiglion Fiorentino. Le interviste

ai personaggi più noti sono state a cura del giornalista e

critico cinematografico Paolo Calcagno. Patrocinato dalla

Regione Toscana, il Festival è stato realizzato anche grazie

al contributo di molte importanti aziende del territorio.

Il pubblico del Castiglioni Film Festival

Il regista Neri Parenti con il premio alla carriera del Castiglioni Film Festival

CASTIGLIONI FILM FESTIVAL

15


Ritratti

d’artista

Carmelo Fabio D’Antoni

L’opera del maestro siciliano dedicata a Federico II di Svevia entra a far

parte della collezione del Museo Diocesano San Riccardo di Andria

di Mariagrazia Carmela Minio

Lo scorso 23 luglio, il pittore e fondatore del Movimento

Artistico Stilnovista Carmelo Fabio D’Antoni,

è entrato ufficialmente a far parte del percorso

storico del Museo Diocesano San Riccardo di Andria con

l’opera intitolata Federico II di Svevia – Stupor Mundi. Per

questa occasione D’Antoni ha realizzato su tela di iuta

con tecniche settecentesche un’immagine di un Federico

II nel pieno del suo splendore, raffigurandolo con un’armatura

come difensore di quell’arte e di quella cultura da

lui tanto amate. L’opera si trova esposta in permanenza

all’interno del percorso museale dedicato alle opere contemporanee.

Il direttore del museo don Giannicola Agresti

Carmelo Fabio D'Antoni, Federico II di Svevia - Stupor Mundi

ha dichiarato: «L’opera di D’Antoni va ad arricchire la collezione

del Museo Diocesano di Andria. L’autore, con il ritratto

di Federico II di Svevia, evidenzia la sua sensibilità

artistica nel rappresentare le sembianze dell’imperatore,

tramite una rilettura attuale del personaggio storico». Il

museo, intitolato a San Riccardo, vescovo e patrono della

città di Andria, sorge nel cuore del centro storico, a breve

distanza dalla cattedrale in cui sono venerate le sacre reliquie.

Il ricco patrimonio di opere della diocesi di Andria,

raccolte dal vescovo Giuseppe Lanave, trova spazio negli

ambienti ampi e luminosi del museo, istituito da quest’ultimo

il 20 maggio 1972. Per iniziativa del vescovo Raffaele

Calabro, un accurato intervento di

restauro ha riqualificato l’edificio – già

residenza della nobile famiglia Margiotta

e successivamente sede della

comunità dei Braccianti – in una moderna

struttura museale articolata su

tre livelli. Sotto l’episcopato del monsignor

Luigi Mansi, il 23 aprile 2019, in

occasione del 581° anniversario del ritrovamento

delle reliquie del santo patrono,

il museo è stato inaugurato. Il

percorso espositivo conduce il visitatore

nella storia della città e della sua

diocesi, attraverso un consistente patrimonio

di opere – dipinti, sculture lapidee

e lignee, argenti, paramenti sacri

ed altri oggetti – che contribuiscono

a definire la storia dell’arte in Puglia

dal Medioevo al Novecento. Le sezioni

tematiche dal Duecento al Quattrocento

accolgono alcune importanti opere

della cultura artistica regionale. L’icona

duecentesca, nota con il nome di

Madonna d’Andria, attesta la centralità

della città nella circolazione di fenomeni

legati al culto e alla cultura nel

Mediterraneo. Il busto marmoreo raffigurante

Francesco II Del Balzo, duca

di Andria e signore di un rinascimento

meridionale di grande vitalità, dibattuto

tra gli scultori Francesco Laurana

e Domenico Gagini, e i raffinati scomparti

del polittico dipinto da Antonio

Vivarini, segno di una relazione tra Puglia

e Venezia sul finire del Quattro-

16

CARMELO FABIO D’ANTONI


cento, sono tra i pezzi più preziosi della collezione. Nella

sezione che va dal Cinquecento all’Ottocento, dipinti di

grande formato e sculture lignee, talvolta conservate per

frammenti, costituiscono il nucleo principale della raccolta.

Si tratta di una preziosa testimonianza di arte e fede

degli ordini religiosi e delle confraternite, sulla scia di

una rinnovata sensibilità suggerita dalla Controriforma,

e del ruolo crescente della moderna borghesia cittadina

nella committenza di opere sacre. Conferiscono lustro alla

sezione la malinconica Maddalena di Cesare Fracanzano

e il Volto Santo di sensibilità fiamminga. Gli oggetti

nella terza sezione attestano la committenza dei vescovi

della diocesi tra Ottocento e Novecento per conferire

solennità alle celebrazioni liturgiche. Tra paramenti sacri,

preziosi piviali pontificali, argenti e reliquiari, brilla la

preziosa stauroteca che accoglie uno dei frammenti della

Vera Croce. Un evidente filo conduttore tra la Sicilia e

la Puglia, due terre legate dall’amore del grande imperatore

Federico II di Svevia - Stupor Mundi. L’uomo che con la

cultura, e non con le armi, ha saputo conquistare il mondo

e unire i popoli.

Museo Diocesano San Riccardo

Via Domenico de Anellis 46, Andria (BT)

www.museodiocesanoandria.it

[email protected]

Carmelo Fabio D’Antoni

La Sicilia, terra della cultura e delle dominazioni, del

sangue e del fuoco, della passione e della sofferenza,

ha ospitato da sempre talenti eccezionali. Carmelo

Fabio D’Antoni matura la sua vena artistica nel prezioso contesto

della sua terra, nutrendosi di secoli di storia e di cultura qui

presenti. Poliedrico per definizione, cresce nelle botteghe dei

più grandi maestri contemporanei, sperimentando tecniche e

stili che lo hanno portato a trovare il suo percorso nella sublimazione

della figura femminile. Nel 2017 si accosta al sommo

poeta Dante Alighieri, creando opere ispirate alla Divina Commedia.

L’artista si avvicina così al pensiero letterario “stilnovista”

e decide di riprenderne la filosofia fondando una corrente

pittorica. La sua personale crescita, travagliata e sofferta, lo

ha portato a conquistare, malgrado la sua giovane età, i massimi

livelli. La storia lo ricorderà sempre come l’uomo sceso

all’inferno passando per i 4 elementi, fino a giungere alla massima

levatura di “pittore del Dolce Stil Novo”. Sua questa frase:

«La massima espressione dell’arte è la forza della donna».

L’artista ha colto il valore spirituale della forza del vero amore,

la donna, sublimandolo nelle sue tele. Uomo sensibile e rispettoso,

da sempre contraddistinto da uno spirito elevato, D’Antoni

sa cogliere il bello nelle intense ed accese espressioni degli

occhi seducenti e ammalianti ma mai volgari dei suoi soggetti,

che trasforma in donne mitologiche e storiche. Dalla Grecia

alla Scandinavia, passando per l’Europa e l’Inghilterra, l’artista

trasforma le sue modelle, alcune volte uscite dalla sua fervida

immaginazione, in immortali guerriere, vive e sacre, eteree

guardiane del suo tratto sempre preciso e disciplinato. Negli

anni la carriera del maestro si è evoluta in una costante e continua

crescita nel mondo artistico internazionale, esponendo in

vari musei, fondazioni e gallerie a Roma, Firenze, Torino, Messina,

Bonn, Baden - Baden, Colonia, Berlino, Chicago, Los Angeles,

Miami, Vienna, Bruxelles, Praga, Sofia, Spoleto, Perugia,

Andria, Foggia, Catania, Siracusa e Palermo.

www.maestrodantoniarte.com

CARMELO FABIO D’ANTONI

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Curiosità storiche

fiorentine

A cura di

Luciano e Ricciardo Artusi

Boboli

Il giardino dei fiorentini

di Luciano e Ricciardo Artusi

Piazza dei Pitti evoca la forma di un anfiteatro.

Questo caratteristico e vasto spazio

cinquecentesco, chiuso su tre lati, è

dominato sulla sua dolce sommità dal grandioso

Palazzo Pitti, fatto costruire da questa famiglia che, grazie alla

mercatura, raggiunse una posizione di tale ricchezza da poter

competere con quelle dei Medici e degli Strozzi. Il palazzo,

che si erge di fronte alla piazza in discesa, fu edificato nel 1440

dall’ambizioso Luca Pitti che diede l’incarico della progettazione

a Filippo Brunelleschi. Tanta era l’alterigia dell’intraprendente e

ricco mercante di superare lo sfarzo dei Medici e degli Strozzi,

che volle la sua costruzione di dimensioni tali da non riscontrarne

eguali in tutta la città. Dopo una lunga fase di progettazione,

i lavori iniziarono nel 1458 (quando il Brunelleschi era già morto

da due anni), sotto la direzione di Luca Fancelli, suo giovane allievo.

Il palazzo, adagiato sulle pendici del colle di Boboli in posizione

dominante, si sviluppò con accentuata orizzontalità su tre

piani, in pietra forte a bozze di caldo e possente bugnato rustico

nella parte inferiore e liscio in quella superiore, ostentando tutta

la sua grandiosità. Infatti, si diceva che, secondo le disposizioni

impartite da Luca Pitti al Brunelleschi, le dimensioni del palazzo

dovessero essere tali da poter contenere all’interno del suo cortile

il Palazzo Strozzi e le grandi arcate delle finestre dovessero

avere l’estensione del portone di Palazzo Medici. Le spese di costruzione

furono naturalmente ingentissime e la famiglia Pitti le

sopportò fintanto la buona sorte le arrise. Alla metà del Cinquecento,

Buonaccorso Pitti fu però costretto a vendere il gioiello di

famiglia nientemeno che a Cosimo I de’ Medici, che l’acquistò

per la consorte Eleonora di Toledo, dando subito l’incarico a Bartolomeo

Ammannati di eseguire lavori di ampliamento (1560-

1577). Nell’occasione Cosimo fece togliere tutti gli stemmi dei

Pitti che per tanti anni erano stati suoi avversari; l’unico che ancora

rimane sulla piazza è quello situato sul palazzo di fronte,

all’angolo con lo Sdrucciolo de’ Pitti. Alle spalle di Palazzo Pitti

si apre lo scenografico Giardino di Boboli, che si estende su una

vastissima area verde. Definito “una reggia all’aria aperta”, è universalmente

considerato il tipico esempio di giardino all’italiana.

Ricco di piante di vario genere, adornato da fontane, grotte,

scalinate e prati digradanti, fu ideato e realizzato da Cosimo I de’

Luciano Artusi, a sinistra, con il figlio Ricciardo

Uno scorcio del giardino di Boboli

Medici con l’aiuto di Niccolò Pericoli detto il Tribolo, poi continuato

dall’Ammannati, dal Buontalenti ed, infine, da Alfonso Parigi

nel 1665. Il sontuoso giardino, ricco di pomari, piante di alto

fusto, boschetti, statue, terrazze, viali, vialetti e sentieri, fu l’eden

esclusivo dei granduchi Medicei e Lorenesi e, ai primi dell’Ottocento,

anche di Napoleone Bonaparte, durante il suo breve governo

italiano. Con il nuovo Stato unitario, nel 1861 Palazzo Pitti

con il suo giardino passò tra i beni della Corona d’Italia, divenendo

la reggia dei Savoia che l’abitarono dal 1865 al 1870 durante

il quinquennio di Firenze capitale. Il re, appassionato cacciatore,

si dilettava nella tesa del “roccolo” per catturare gli uccelli proprio

nel giardino della reggia. Questo tipo di caccia consisteva

nell’appostamento fisso fra i rami di una grande quercia, da dove

si calavano reti verticali disposte a semicerchio, nascoste sotto

il folto pergolato di fronde, nelle quali s’impigliavano gli uccelli.

Il giardino di Boboli era il territorio di caccia preferito dal sovrano

che, ritornando dalla tesa del roccolo, era uso gustarsi non degli

uccelli arrosto, ma una bella bistecca ai ferri. In certe serate invernali

amava cacciare col “frugnolo” e la balestra, caccia proibita

(naturalmente, come sempre, non per chi fa le leggi), che in

circa un’ora poteva consentire la presa anche di 60 o 70 fra tordi

ed altri uccelli, uccisi mentre se ne stavano quieti a dormire

nelle folte chiome degli alberi. Questo modo di cacciare consisteva

nell’andare silenziosamente a buio fondo nel parco, col fido

capo giardiniere Vincislao Mercatelli, il quale, molto pratico,

si muoveva fra le piante puntando il frugnolo, cioè la lanterna

a riverbero che mandava un vivo sprazzo di luce in avanti evidenziando

le prede, senza far vedere chi la portava, così che il

cacciatore, non visto, tirava a colpo sicuro con la silenziosa balestra.

Sembra il caso di citare il vecchio adagio: «Biasimare i Principi

è pericolo, e il lodarli è bugia!». Il giardino è stato per anni

la meta preferita dei fiorentini, sostituiti pian piano dagli stranieri.

Anche il Calcio in Costume ha giocato nell’Anfiteatro di Boboli

la prima partita di maggio dagli anni Trenta fino all’inizio della

seconda guerra mondiale e, successivamente, pure negli anni

Cinquanta e Ottanta anche nel

Prato delle Colonne. Attualmente

il Giardino di Boboli accoglie

ogni anno oltre 800.000 visitatori

per la maggior parte turisti, ma

da quest’anno i cittadini del giglio,

usciti dall’incubo del Coronavirus,

sicuramente se ne riapproprieranno,

facendone meta preziosa di

dolce e rilassato soggiorno.

18

BOBOLI


Arte e

antiquariato

Chiavacci Antichità

Dal 1939 un’eccellenza del territorio fiorentino

di Fabrizio Borghini

La Galleria Chiavacci Antichità è nata nel 1939 da una

piccola realtà e ha lavorato per più di mezzo secolo

portando nel mondo le parole eleganza, bellezza e

serietà. Il titolare Marcello Chiavacci, storica figura dell’antiquariato

fiorentino, ha operato in Europa ed oltreoceano con

tanti interlocutori e, in questi ultimi anni, anche con alcuni

paesi asiatici. La galleria si trova in via della Spada, in un locale

anticamente sede di un convento, e al suo interno è possibile

ammirare oggetti, mobili e arredi di diverse epoche e

gusti, tutti restaurati e ben conservati. «Gli ultimi anni sono

stati molto difficili – afferma Marcello Chiavacci –, il mercato,

a causa dei cambiamenti culturali e di pochi investimenti

nella cultura dell’arte, ha subito un arresto, e la pandemia

ha fermato anche quel mercato straniero che invece stava diventando

linfa vitale per il nostro settore. Se consideriamo

che l’Italia è uno dei paesi che più di ogni altro è simbolo d’arte

nel mondo, vedere così poco incentivati l’investimento e

la valorizzazione della cultura che essa rappresenta, dispiace

davvero tanto». Ciononostante, la Chiavacci Antichità non

si è mai arresa e ancora oggi rimane sul mercato un punto di

riferimento ed un volano di energia importante. Nei prossimi

mesi, la galleria ha in programma una promozione su tutti

gli oggetti in vendita nei propri negozi. «Ottobre sarà il mese

dell’antiquariato, per questo vogliamo risvegliare l’interesse

verso questo tipo di arredamento che arricchisce ogni tipologia

di ambiente: un oggetto antico ha il sapore della dedizione

che ci ha messo chi l’ha creato, permane nel tempo e

rende unica la casa». È così che Marcello Chiavacci immagina

il prossimo futuro, con la passione che da sempre lo

accompagna nel suo lavoro. I prezzi saranno veramente favorevoli:

una parte dell’azienda sarà ridotta e ci saranno occasioni

di acquisto molto interessanti. Marcello e sua figlia

Silvia vi aspettano nei locali della storica Galleria Chiavacci

Antichità nel prossimo autunno.

Galleria Chiavacci Antichità

via della Spada, 56/58/60 rosso, 50121 Firenze

www.chiavacci-antiques.it

In questa e nelle altre foto alcuni scorci della galleria

CHIAVACCI ANTICHITÀ

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Percorsi d’arte

in Toscana

A cura di

Ugo Barlozzetti

Il Museo civico archeologico e della

Collegiata di Casole d’Elsa

di Ugo Barlozzetti

In una delle aree più evocative della Toscana, custode di

paesaggi e testimonianze delle civiltà che vi si sono avvicendate,

Casole d’Elsa offre l’opportunità di avvicinarsi

a capire la bellezza e l’unicità preziosa, quanto fragile, della

nostra terra. In Piazza della Libertà dal 1996 è collocato il

Museo Archeologico della Collegiata, nei locali, appunto, della

canonica di Santa Maria Assunta, ed è organizzato in due sezioni:

la prima, in tre sale, racconta la storia e il popolamento

del territorio in età etrusca dalle fasi più antiche, a partire dai

corredi delle tombe a pozzetto orientalizzanti. Notevoli sono

anche i reperti della collezione Bargagli, tra questi una testa

marmorea del VI secolo a.C. e due crateri attici che attestano

la vitalità economica e culturale di quest’area in età arcaica,

confermata inoltre da due splendidi affibbiagli bronzei decorati

con una delle più antiche immagini di pugilato del mondo

etrusco. Una grande quantità di corredi funebri documenta lo

sviluppo di questo centro anche nella fase ellenistica. Le opere

presenti nella sezione successiva, dedicata alle opere d’arte

medievale e moderna, evidenziano il patrimonio artistico di

Casole d’Elsa dagli inizi del Trecento fino alla metà del Seicento:

tra le più significative di primo Trecento vi è la testa di profeta

di Marco Romano, quella del vescovo Tommaso d’Andrea

di Gano di Fazio e la Madonna col Bambino del duccesco Maestro

della Maestà Cini; spicca anche la Madonna col Bambino

L'esterno del Museo archeologico e della Collegiata di Casole d'Elsa

Testa femminile, ultimo decennio del VI secolo a.C.; una delle più antiche sculture

in marmo di produzione etrusca

del secondo decennio. Sono inoltre presenti una Maestà del

pittore, anch’esso di scuola duccesca, il Maestro di Monterotondo,

attivo alla metà del XIV secolo, un prezioso graduale e

kyriale del 1344, con splendide iniziali di Lippo Vanni. Vi è un

gruppo di opere del XV secolo tra le quali un trittico con la Madonna

col Bambino, San Giuliano e San Donato Vescovo attribuita

al Primo Maestro di Lecceto, una Madonna con Bambino

e due angeli di Domenico di Michelino (Firenze 1417-1491) conosciuto

soprattutto per aver dipinto nel 1465 la Divina Commedia

Illumina Firenze in Santa Maria del Fiore. Sono esposte

una tavola della metà del XVI secolo con la Visitazione della

Madonna a Santa Elisabetta di Marco Bigio, i Misteri del Rosario,

in 15 quadretti, di Alessandro Casolari (1552-1607), interessante

maestro “autoctono” che con una vasta bottega fu

attivo insieme ai familiari con importanti committenze anche

a Roma: di lui è esposta una Madonna con Bambino. Il museo

raccoglie, in grandi vetrine, paramenti sacri, candelieri, carteglorie,

reliquiari e numerosi estensori dal XVIII al XIX secolo.

Completano la collezione le opere di Augusto Bastianini

(1875-1940), un protagonista della pittura fiorentina attivo fino

al primo Novecento e artista che ci permette di ricordare

come fra il dicembre 1896 e il marzo 1897 la Festa dell’Arte

dei fiori fece di Firenze il centro del mondo dell’arte italiana

ed europea del tempo, precedendo, in questo, la Biennale di

Venezia. Essenziale per il percorso museale sono, nella Collegiata,

i monumenti sepolcrali

di Messer Porrina e del

vescovo Tommaso d’Andrea,

rispettivamente di Marco

Romano e di Gano di Fazio, e

le tre tele di Rutilio Manetti.

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MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO


A cura di

Viktoria Charkina

Incontri con

l’arte

Diego Romanacci racconta ECOArtsNFT

Un progetto orientato all'impegno sociale e alla sensibilità green

di Viktoria Charkina

Come hai deciso di dedicare la tua vita all’arte?

Sono arrivato all’arte tramite un periodo buio della

mia vita. La mia spensierata gioventù si è interrotta quando,

durante una lite, ho rischiato di essere ucciso. Da lì

ho passato quattro mesi fra il supporto della mia famiglia

e quello dello psicologo, ma è stata l’arte poi a salvarmi,

permettendomi di sfogarmi e di liberarmi dalla mia

sofferenza interiore. Prima mi sono rivolto al disegno su

carta en plein air, riprendendo gli oggetti quotidiani della

nostra vita. Mi sono subito appassionato alla performance

art, eseguendo spesso dei volantini dal vivo davanti alle

persone. Ad oggi mi piace spaziare cimentandomi nella

pittura, nella scultura e nell’arte digitale, essendo ormai

convinto che l’arte sia una strada di ritorno all’infanzia, a

quando guardavo i cartoni animati. Ora creo i miei film e i

miei fumetti che trasporto su tela.

A cosa stai lavorando adesso?

po di avere un impatto sulla società e sul tema dell’ecologia.

Vogliamo creare una “scuola” per gli artisti che hanno

competenza nel mondo digitale, puntando però a creare

una community fisica. La nostra idea è di legare gli NFT

anche a delle opere fisiche. Stiamo appunto lanciando

online il nostro sito www.prelaunchecoartsnft.com di raccolta

fondi per supportare lo sviluppo del progetto e raggiungere

gli scopi che ci siamo prefissati. Grazie a questo

“sito pilota” venderemo e pubblicizzeremo sotto forma di

NFT il nostro brand Leak’s World, brand che raffigura un

“supereroe degli artisti” che ha lo scopo di promuovere i

nostri ideali e diffonderli in modo divertente ed ovviamente

creativo.

Non tratterete solo opere digitali perché secondo te

gli NFT non conquisteranno un valore artistico pari alle

opere fisiche? Cosa significa per te creare un NFT ecologico?

Dall’unione della mia visione artistica e quella economica

di Francesco, in questo momento il mondo degli NFT

è troppo inflazionato, essendo legato all’andamento delle

criptovalute ed è per questo che la nostra soluzione

punta a dare un valore reale ad un’opera digitale legandola

ad esempio ad un dipinto o ad un oggetto fisico. Sarebbe

bello vedere nelle nostre case sia i quadri che delle

cornici digitali appesi al muro. Per ciò che riguarda l’arte

digitale, sul piano dell’ecologia è ancora in fase di sviluppo.

Al contrario di ciò che molti pensano, in realtà questa

tecnologia è da oltre dieci anni che viene utilizzata e

sono stati fatti notevoli passi avanti per essere sempre

meno impattante. Nel nostro

piccolo, punteremo sul piantare

degli alberi per contrastare

il problema della CO2.

Per rendere veramente ecologico

questo progetto, una

parte dei profitti del nostro

lavoro verranno destinati a

tutte le iniziative che cercano

di migliorare ed innovare

la realtà che ci circonda.

È da tanto che mi confronto con l’arte digitale e vengo

attirato da progetti in Blockchain che cercano di essere

“green”. Ispirato da tali iniziative, ho dato vita ad ECO Arts

NFT, un progetto dedicato all’ecologia e all’economia

circolare che punta a criticare tramite ogni forma d’arte

i problemi che ci circondano. Questo progetto è il frutto

del lavoro di oltre un anno partito da un’idea del mio socio

e amico Francesco D’Agliano con il quale lo abbiamo

sviluppato fianco a fianco. Tutto nasce dalla nostra volontà

di unire i giovani disposti ad utilizzare le loro doti

creative per dare vita ad idee e progetti che hanno lo scowww.florenceartgallery.com

Diego Romanacci in versione NFT

Francesco d'Agliano in versione NFT

DIEGO ROMANACCI

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Riparte a ottobre il biennio formativo di MITA Academy per giovani che vogliono intraprendere

una carriera nel mondo della moda. Gli Istituti Tecnici Superiori si confermano

un’isola felice per l’avviamento degli under 30 alle professioni nel settore fashion,

perché li preparano a far bene un mestiere e sono un link alle richieste delle aziende

di Elisabetta Mereu

Un outfit può cambiare totalmente grazie agli accessori diversi.

Presso il Castello dell’Acciaiolo a Scandicci, il corso

COOL farà acquisire a 25 giovani, già con spiccata capacità

artigianale, le nuove tecniche per realizzare oggetti iconici

in pelle o in metallo dallo stile davvero fashion.

I giovani tecnici che usciranno dal corso GIFT con sede

a Capannori avranno una forte preparazione pratica nelle

tecniche produttive delle calzature di moda, connotata

dall’introduzione dei dettami di industria 4.0, da elementi di

innovazione digitale nonché da abilità relative all’economia

circolare, alla sostenibilità e all’innovazione green.

Gli imprenditori del tessile dell’area pratese cercano figure

professionali che garantiscano azioni di sviluppo della qualità

e dell’innovazione tecnica intrinseca al prodotto tessile.

STAR-T è il corso che a Prato formerà i futuri professionisti

del settore in grado di coniugare la volontà di investire in

qualità con la necessità di promuovere il territorio e le manifatture

di eccellenza per affrontare le prossime sfide.

Il corso DIMA permette una collocazione della figura professionale

anche nelle divisioni prodotto, qualità e commerciale/marketing.

Con questo progetto si sostiene la crescente

esigenza di figure tecniche calate nel ciclo produttivo, aventi

non solo competenze di modellerìa e prototipìa ma anche

di supporti digitali evoluti.

Si svolgerà a Grosseto il corso PRIMO che ha la finalità

di preparare professionalità con competenze di carattere

pre-manageriale di modellista/prototipista esperte di materiali

innovativi, sostenibili e tecnologici, diventando così

intermediari tra l’idea dello stilista e la realizzazione sartoriale

di prodotti di abbigliamento moda, in particolare confezioni

di alta sartoria uomo/donna.

#Biennio 2021/23 #4 semestri #2000 h. di stage www.mitacademy.it Info: 055/9335306 - [email protected]


A cura di

Francesco Bandini

Quando tutto

ebbe inizio…

Il frutto del peccato

era proprio la mela?

di Francesco Bandini

Dopo tantissimi anni, forse a causa delle abbondanti

piogge che sempre più frequenti si rovesciano sulla

terra, quest’anno su due rigogliose piante di melograno

che ornano il giardino retrostante la mia casa, sono fioriti alcuni

bellissimi frutti e il loro maturare mi ha suggerito una riflessione

sui miei studi biblici. La Genesi non parla affatto di mele ma

si limita a descrivere dei frutti “dell’albero della conoscenza del

bene e del male” senza specificarne la natura. Gli esegeti ebraici

li identificarono di volta in volta con i fichi, per analogia con le

foglie dell’albero usate da Adamo ed Eva per coprire le loro nudità,

e con la melagrana, frutto succulento del melograno i cui

fiori scarlatti caratterizzano i frutteti palestinesi ed è considerata

il simbolo della fecondità per la molteplicità dei suoi semi. Le

guance della fidanzata del Cantico dei Cantici sono paragonate a

una melagrana. Altri possibili frutti del giardino in Eden sono uva

e carrube, per un gioco di parole ebraiche che indicano “carrube e

distruzione”, oppure ancora con il frumento, per un altro gioco di

parole in ebraico, frumento (kitah) e peccato (khet). La mela, come

frutto proibito, comparve solo in era cristiana, forse perché in

Adamo ed Eva e l'albero della conoscenza, miniatura dal Commentario dell'Apocalisse

(Madrid, 1109), Monastero San Lorenzo dell'Escorial

La tentazione del serpente (Michelangelo, Cappella Sistina); l’albero della conoscenza

del bene e del male, così come dipinto dal Buonarroti, è un fico, i cui frutti

e le cui foglie, che copriranno la nudità, saranno causa della colpa.

latino “malum” indica sia la mela che il male. Questo errore viene

attribuito da alcuni a San Girolamo cui si deve la prima traduzione

della Bibbia dal greco e dall’ebraico al latino, la cosiddetta Vulgata

o Volgata, nome abituale della versione latina della Bibbia in

uso nel Medioevo e dichiarata dal Concilio di Trento del 1546 autentica

nel senso di ufficiale. Di fatto, il suo testo risulta da una

contaminazione tra l’opera di Girolamo e i manoscritti della Vetus

Latina. Oltre al cosiddetto errore (mela-malum), non è da escludere

comunque che in questo equivoco abbia giocato anche un

ruolo di “pomo della discordia” che tale frutto ebbe nella mitologia

greca poi passata ai Romani. Comunque sia, a partire dal XII

secolo la mela comparve nella maggior parte dell’iconografia cristiana

in Germania e Francia, mentre in quella italiana e bizantina

si privilegiò il fico. Questa differente visione si perpetuò anche in

seguito; nel Rinascimento abbiamo il famoso quadro del tedesco

Lucas Cranach il Vecchio, oggi agli Uffizi, del 1528 mentre Michelangelo

ambientò nella volta della Cappella Sistina (1508-1512)

la scena sotto un albero di fichi mostrando Eva che riceveva i suoi

frutti da un serpente antropomorfo. Alla fine, nella Cristianità la

mela ha prevalso ma in altre religioni no. Nella tradizione islamica,

per esempio, l’episodio viene descritto identificando il frutto

proibito con fichi oppure con olive. Anche il fico, infatti, è un albero

comune in tutta la Palestina come la vite e l’olivo. Lo si pianta

sulle terrazze più basse avendo bisogno di umidità o anche in

mezzo alla vigna. L’espressione “starsene seduto sotto un fico”

è nata proprio per indicare un senso di tranquillità e di pace. I fichi

precoci offrono ai profeti molteplici spunti: Israele doveva essere

altrettanto buono al palato del suo Signore. Anche Gesù ne

ha tratto alcune espressioni. Egli scorge

Natanaele, figlio di Tolomeo (l’apostolo

Bartolomeo) “sotto il fico” come un frutto

eccellente mentre la sua maledizione

è un gesto simbolico contro il tempio,

ormai luogo di peccato. «Non era la stagione

dei fichi» commenta l’evangelista,

Casa della cornice

se ne potevano sperare alcuni frutti precoci,

che invece non c’erano (Lc

www.casadellacornice.com

13,6-9).

IL FRUTTO DEL PECCATO

23


Dimensione

salute

A cura di

Stefano Grifoni

Grattarsi la testa per affrontare lo stress

di Stefano Grifoni

Ogni tanto ci vuole una grattatina di testa. Arriva

spontanea non a causa della forfora ma quando

siamo un po’ confusi oppure quando abbiamo dei

dubbi. Forse dipende anche dal fatto che quando siamo

sotto stress il nostro cervello ha bisogno di entrare in contatto

con il nostro corpo. Questo può avvenire anche sfregandosi

con le mani la fronte o grattandosi la testa gesti

che servono a calmarci. Quindi grattarsi la testa rappresenta

un efficace sistema di difesa psicologica. I macachi

difronte ad estranei minacciosi si grattano al fine di evitare

di essere attaccati. Infatti un aggressore non attacca

mai un individuo stressato ritenendolo imprevedibile e

l’assalto potrebbe rivelarsi troppo rischioso o al contrario

non necessario. La testa in genere c’è chi la abbassa e chi

la perde, meglio sarebbe saperla usare. È impressionante

vedere a quanta gente la propria testa serva unicamente

quale supporto per i capelli e quando si grattano fa rumore

solo per il vuoto che c’è dentro.

Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del pronto soccorso

dell’Ospedale di Careggi e direttore del Centro di riferimento regionale toscano per la diagnosi

e la terapia d’urgenza della malattia tromboembolica venosa. Membro del consiglio nazionale

della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza, è vicepresidente dell’associazione

per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per Guglielmo e membro tecnico

dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze.

24

AFFRONTARE LO STRESS


A cura di

Emanuela Muriana

Psicologia

oggi

Insistere nel puntualizzare

Il primo passo per una comunicazione fallimentare nella coppia

di Emanuela Muriana / foto Carlo Midollini

Se avessi avuto prima un cane,

non mi sarei sposata!». Una

laconica frase? No, è il frutto «di un processo di comunicazione fallimentare

nella coppia. Da quando l’uomo

scrive, racconta di coppia, estasi e dolori,

di condanne e tradimenti, di morte

data e di morte subita… L’arte, che sia

pittura, scultura, musica, danza, poesia,

teatro o cinema, ne è la testimonianza.

Per realizzare una relazione connotata

da attriti, incomprensioni e litigi è necessaria

l’insistenza, anche se basata

sulle migliori intenzioni. Il primo ingrediente

fondamentale per una comunicazione

catastrofica è il “puntualizzare”,

espressione tipica di strategia di mediazione

all’interno dei rapporti paritari. Ha

la funzione di prevenire o risolvere un

conflitto con il partner, ottenendo spesso

il risultato contrario. È l’intenzione

che porta a puntualizzare per evitare incomprensioni

che, partendo da questa

giusta premessa, trasforma il partner in

magnifico rompiscatole. Risultato: azzeramento

del desiderio e fuga dal conflitto,

ovvero relazione inappagante. Come

spesso succede, cose buone producono

effetti cattivi semplicemente a causa del sovradosaggio,

proprio come un farmaco somministrato in dosi eccessive

si trasforma in veleno. Puntualizzare è un atto razionale che

applicato alla vita affettiva – sensazioni, emozioni e sentimenti

– raffredda e impoverisce i legami. Come diceva Oscar

Wilde: «C’è sempre qualcosa di fatale nelle buone intenzioni».

Gli ingredienti per una sicura comunicazione fallimentare

non finiscono però qui, continueremo a descriverli nei prossimi

articoli. In periodo di pandemia, le coppie zoppicanti o

colleriche, senza la possibilità di prendere aria dal legame

d’amore, si sono ritrovate non solo rinchiuse in casa con il

partner, a volte amato altre volte odiato, ma faccia a faccia

con quello che negli anni hanno ignorato o tacitato (la famosa

polvere sotto il tappeto). Intervenire sulla comunicazione

di coppia è un modo per salvare la coppia o arrivare in salute

alla separazione.

Letture di approfondimento:

G. Nardone, Correggimi se sbaglio / Strategie per appianare

i conflitti nelle relazioni di coppia, Ponte alle Grazie (2005)

E. Muriana, T. Verbitz, Psicopatologia della vita amorosa,

Ponte alle Grazie (2010)

M. Bartoletti, M. Pagliai, Ritratti di coppia con terapeuta,

Youcanprint (2021)

Emanuela Muriana è responsabile dello Studio di Psicoterapia Breve

Strategica di Firenze, dove svolge attività clinica e di consulenza.

È stata professore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia presso

le Università di Siena (2007-2012) e Firenze (2004-2015). Ha pubblicato

tre libri e numerosi articoli consultabili sul sito www.terapiastrategica.fi.it.

È docente alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica.

Studio di Terapia Breve Strategica

Viale Mazzini 16, Firenze

+ 39 055 242642 - 574344

[email protected]

COMUNICAZIONE FALLIMENTARE

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Riccardo Salusti

Domare le fiamme, donare i cuori, acrilico su tela, cm 50x70

Salvare vite, essere simboli ed eroi per tutti, specialmente per i più piccoli, intervenire

su cose, persone e animali, domare le fiamme ma soprattutto donare i cuori:

questo è il Vigile del Fuoco.

Quest’opera è stata premiata, come sesta classificata, in occasione del concorso

artistico nazionale di pittura dei Vigili del Fuoco promosso dal Ministero dell'Interno

nell’Aula Magna delle Scuole Centrali Antincendi di Roma. L’autore, Riccardo Salusti,

è stato premiato dal viceprefetto Patrizia Congiusta e il quadro sarà in esposizione

permanente a Roma presso la Direzione Centrale della Formazione di Capannelle.

riccardosalustiart.com

[email protected]

370 3686293

riccardo salusti

riccardosalusti


A cura di

Silvia Ciani

I consigli del

nutrizionista

Curare sovrappeso e obesità con

un approccio multidisciplinare

di Silvia Ciani

Il sovrappeso e l’obesità sono indici di sofferenza corporea,

risultato di stili di vita errati, predisposizione genetica, contesti

ambientali e comportamentali alterati, disagi emotivi,

problemi psicologici, alterazioni metaboliche ed endocrinologiche,

malattie, uso di farmaci… È evidente come la molteplicità

dei fattori coinvolti possa contribuire al perpetuarsi di tale condizione,

che il tempo porta ad aggravare sempre di più: concentrarsi

su un unico fattore, il peso, o un unico intervento, la dieta,

può non essere risolutivo, anzi spesso può rivelarsi controproducente

poiché, non affrontando il problema alla base, si possono

innescare meccanismi comportamentali e metabolici di

compensazione con la conseguenza di peggiorare il quadro clinico.

Diventa allora essenziale affrontare il sovrappeso e l’obesità

tenendo conto di tutti quegli aspetti che ne hanno causato l’insorgenza

ed il mantenimento, cercando di migliorarli, modificarli,

curarli. È attraverso l’interdisciplinarità, ovvero il confronto e l’interazione

continua fra varie figure di specialisti in diversi ambiti

ed il dialogo con il paziente, che il trattamento terapeutico può

evolversi nel modo migliore.

circonferenze, analisi della composizione corporea), quelli legati

al comportamento alimentare (con consegna ed istruzioni per

la compilazione del diario alimentare) ed indicazioni sull’attività

fisica. Infine, la compilazione in sede di alcuni questionari che

la psicologa esaminerà, sarà di aiuto per comprendere meglio la

presenza/assenza di alcuni aspetti legati al rapporto con se stessi,

con gli altri e con il cibo. L’approccio multidisciplinare consente:

un risparmio economico per il paziente poiché con un’unica

prima visita evita l’invio successivo agli altri professionisti per

avere una valutazione completa negli ambiti di competenza; un

risparmio di tempo poiché gli specialisti sono già alla prima visita

in grado di ipotizzare un percorso terapeutico migliore per il

raggiungimento degli obiettivi; una maggiore aderenza al trattamento

e una miglior prognosi grazie alla varietà dei percorsi interdisciplinari

offerti, oltre ai consueti controlli nutrizionali, quali

il percorso integrato psicologo-nutrizionista, l’attività fisica monitorata

con e senza personal trainer, la psicoterapia comportamentale

individuale e di gruppo, le visite di controllo mediche e,

qualora fosse necessario, un monitoraggio clinico diagnostico.

La visita con il team dello studio artEnutrizione

Grazie all’esperienza maturata negli anni, mia e dei colleghi, sia

per formazione che per pratica clinica e grazie alle condizioni che

lo studio artEnutrizione di Firenze consente, abbiamo formalizzato

un intervento strutturato che prevede, durante la prima visita,

una valutazione e una presa in carico del paziente sovrappeso/

obeso da tre figure specialistiche simultaneamente: il medico,

il nutrizionista e lo psicologo. La visita con l’endocrinologo permetterà

di inquadrare clinicamente il paziente ed eventualmente

di procedere ad ulteriori accertamenti clinico/diagnostici. La

valutazione eseguita dal nutrizionista consentirà di completare

il quadro anamnestico con i dati antropometrici (peso, altezza,

Biologa Nutrizionista e specialista in

Scienza dell’alimentazione, si occupa

di prevenzione e cura del sovrappeso

e dell’obesità in adulti e bambini attraverso

l’educazione al corretto comportamento alimentare,

la Dieta Mediterranea, l’attuazione di

percorsi terapeutici in team con psicologo, endocrinologo

e personal trainer.

Studi e contatti:

artEnutrizione - Via Leopoldo Pellas

14 d - Firenze / + 39 339 7183595

Blue Clinic - Via Guglielmo Giusiani 4 -

Bagno a Ripoli (FI) / + 39 055 6510678

Istituto Medico Toscano - Via Eugenio

Barsanti 24 - Prato / + 39 0574 548911

www.nutrizionistafirenze.com

[email protected]

SOVRAPPESO E OBESITÀ

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Ritratti

d’artista

Un ricordo di Vinicio Berti nel

centenario della nascita

Testo e foto di Andrea Cafaggi

Su Vinicio Berti, come corifeo di una

corrente pittorica di concezione

eterodossa rispetto a quella dominante

nella sua epoca, e sulla dimensione

sociale della sua produzione artistica

sono stati scritti molti libri e testi documentatissimi.

Resta da dire qualcosa a

proposito degli alterni sentimenti che suscitano

i suoi dipinti in chi li osserva senza

preconcetti. Ma qui occorre una serie

di considerazioni preliminari. Nel secondo

dopoguerra, caduti quasi tutti i dogmi

e i canoni estetici sostenuti dai defunti regimi

nei primi decenni del Novecento, si

respirava aria nuova in Italia, soprattutto

in campo artistico. Questa libertà di ricerca

e di espressione trovava voce ed immagine

in Vinicio Berti come in altri suoi

sodali d’arte e compagni di strada. È vero

che spesso queste ispirazioni venivano

ricercate ed elaborate dagli artisti a partire

da istanze ideologiche e suggestioni

politiche provenienti dai paesi del cosiddetto

Socialismo reale, ma è altrettanto

vero che da noi queste istanze assumevano

tendenze radicali e libertarie che quei

paesi non conoscevano ancora o che erano

già state soffocate dalla “fraterna assistenza”

militare dell’Unione Sovietica.

Ad ogni modo quello postbellico era nel

nostro Paese il periodo della Ricostruzione,

nel quale pareva che il boom economico

potesse durare indefinitamente e

portare benessere e sicurezza sociale a

sempre più larghi strati di popolazione. Tipica espressione di

quegli anni fu il boom dell’edilizia pubblica e privata: è il caso

di ricordare le grandi opere infrastrutturali come il traforo

del Monte Bianco e l’Autostrada del Sole, cui si accompagnò

il rilancio delle industrie manifatturiere nazionali. Le lotte politiche

e sindacali di quegli anni conobbero eccessi spesso

violenti e in definitiva risultati di effetti opposti rispetto all’intento

iniziale di rappresentanza e partecipazione dei lavoratori

al processo di produzione della ricchezza. Talvolta questi

eccessi degenerarono in azioni di sabotaggio e in molti altri

casi sfociarono in azioni terroristiche contro i quadri dirigenti

delle aziende visti come servi del capitale e nemici degli

operai. Questa lunga introduzione serve per capire meglio la

temperie politica e culturale di quegli anni, e l’iconografia che

in essa trovava il proprio riferimento, dai dazebao ai murales:

Per tutto il 2021 il ristorante Cafaggi di via Guelfa a Firenze espone in vetrina un’opera di Vinicio Berti gentilmente

offerta da Firenze Art Gallery per ricordare la sua frequentazione del locale nel centenario della nascita

queste tensioni, inevitabilmente, condizionarono anche la produzione

degli artisti più sensibili alle istanze di rinnovamento

ed eguaglianza sociale. Vinicio Berti fu sicuramente un comunista

sincero ed impegnato. Nascondeva dietro modi burberi,

spesso bruschi, una continua tensione emotiva verso il suo

ideale politico. Sempre anticonvenzionale in tutto, non aveva

peli sulla lingua neppure con gli amici e i conoscenti. Detestava

le ipocrisie e i perbenismi, e perciò non usava le perifrasi e

gli eufemismi che per lui rappresentavano i segni distintivi degli

intellettuali borghesi. Una volta un comune amico gli rimproverò

di fare sempre lo scorbutico, e lui, sorridendo con gli

occhi miopi dietro la pesante montatura degli occhiali, rispose

pacato: «Scorbutico, ma sincero!». Ma oltre alla tensione

politica qualcos’altro lo pungolava e lo agitava internamente:

la consapevolezza dei mutamenti in fieri nella società e l’in-

28

VINICIO BERTI


terrogativo su quale figura di Uomo Nuovo sarebbe stato necessario

per affrontare e gestire tale evoluzione sociale. Nei

titoli di molte sue opere traspare questa “altra” tensione; per

fare qualche esempio leggiamone alcuni: Indagine per l’avvenire,

Avventuroso astrale, Svolta nel tempo, non oggi, Progetto

antagonista, Situazione multipla antagonista, Verso l’ipotesi

AH-5, Racconto ricerca per l’oggetto nuovo AH-AH2, All'interno

del nuovo oggetto antagonista positivo, e così molti altri. Quasi

certamente lo spunto per le sue immagini pittoriche più ricorrenti

ed ossessive, Vinicio Berti lo trovò nel forte rilancio

edilizio che in quegli anni rappresentò la vera icona della Ricostruzione

postbellica. Grandi condomini sorgevano in pochi

mesi dove prima c’erano campi e case coloniche, torri di

cemento armato crescevano a vista d’occhio fra i filari di gelsi

al ritmo di un piano al giorno, fasciate di ponteggi tubolari

e fiancheggiate da gru che svettavano come fantasmi scheletrici

nella nebbia umida di un Nord ancora segnato dalle cicatrici

della guerra. Vinicio Berti si pose l’interrogativo di come

questo potesse condizionare la vita e le speranze dell’Uomo

Nuovo. Nelle sue immagini pittoriche fatte di linee dure co-

Vinicio Berti, Costruzione multipla per l'avvenire AH (1986), acrilico su tela, cm 100x70

Vinicio Berti, Racconto antagonista positivo AH (1979), idropittura su tela, cm 50x40

me nude putrelle d’acciaio, di violente contrapposizioni cromatiche,

di cesure nere e geometriche, si indovinano edifici

babelici in costruzione, enormi falansteri irti

di spuntoni sul tipo della Baliverna del racconto

di Buzzati, anonimi e spersonalizzanti

palazzi ad uffici sede di poteri occulti e ostili

all’uomo. E poi, in un suo quadro del 1974, appunto

il primo fra quelli che ho citato poc’anzi,

mi sembra di intravedere la sagoma di un

computer, l’altro polo del vertiginoso sviluppo

che avrebbe presto rivoluzionato e ricondizionato

le vite di noi tutti. Le sigle criptiche, i numeri

e i segni misteriosi che popolano quasi

tutte le tele di Berti, avevano trovato finalmente

la propria fonte primaria e il proprio scopo

ultimo: la programmazione della futura società

cibernetica. Nel 1978 Francesco Guccini

avrebbe descritto nella sua canzone Mondo

nuovo questa stessa intuizione sociologica

tanto affascinante quanto angosciante. Anche

Guccini ha immaginato questo Uomo

Nuovo, frutto di selezione naturale e culturale

non meno che tecnologica ed informatica,

e si è domandato come sarà e come vivrà. Ma

forse Berti, con solitaria fuga in avanti rispetto

alla sua stessa matrice ideologica, vedeva

già al di là di questo e profetizzava con timore

una società basata sulla manipolazione delle

informazioni e sulla assoluta plasmabilità

dell’Uomo sociale, degradato a fenomeno di

mercato o ad ingranaggio dei sistemi di produzione.

Ormai questa eventuale consapevolezza

è avvolta per sempre in un mistero che

l’uomo Vinicio Berti ha portato con sé in una

dimensione per noi inattingibile. A noi resta lo

stupore, venato di un’angoscia sottile, nell’ammirare

questi paesaggi astratti che risvegliano

sopiti ricordi di certi sogni inquietanti che

si fanno talvolta subito prima dell’alba.

VINICIO BERTI

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Isabella Rombolà

[email protected]


I libri del

mese

La sottile differenza

Il quarto avvincente romanzo di

Federico Fabbri

di Elisabetta Mereu

Riprendere in mano la propria vita per fargli posto

non è semplice come svuotare un armadio per il

cambio di stagione!». Una frase significativa del-

«la storia contenuta nel quarto libro di Federico Fabbri La sottile

differenza, pubblicato poche settimana fa dalla casa editrice

LuoghInteriori. Utilizzando un pretesto artistico – il famoso e discusso

dipinto di Gustave Courbet del 1866, L’origine del mondo

– lo scrittore fiorentino delinea le dinamiche familiari di quattro

personaggi le cui vite, dall’equilibrio solo apparente, vengono totalmente

stravolte da un imprevisto che ne cambierà i destini.

A dimostrazione di come sia diventato lui un artista delle pennellate

lessicali, il pluripremiato ed apprezzato autore fin dalle

prime pagine propone una trama avvincente, in un’alternanza

di tinte oscure e luminose. C’è uno stile più ritmato rispetto ai

precedenti romanzi, quasi da copione teatrale pirandelliano, in

cui i pensieri e i dialoghi espressi dai protagonisti arrivano forti,

inaspettati, diretti come scudisciate e taglienti come un’opera

2° classificato per la Narrativa al Premio Letterario "Città di Castello" 2020

Lo scrittore fiorentino Federico Fabbri, 51 anni

dell’artista Lucio Fontana. La sottile differenza è un diario di bordo

esistenziale che attraversa gli anni e le generazioni di Amanda,

Rachele, Baby e Pietro, toccando temi importanti e delicati

per il genere umano, come quello del libero arbitrio sul destino

individuale, quando si prospetta un futuro che non accettiamo.

«Nessun appiglio è abbastanza sicuro per chi decide di lasciarsi

cadere» scrive Fabbri. Ma è soprattutto l’amore, nelle più svariate

declinazioni, il suo filo di Arianna per arrivare alla via d’uscita

in questa storia. Quel sentimento inspiegabile che non può transitare

obbligatoriamente dal DNA. Così come il suo opposto, l’odio,

può prescindere dai legami di sangue pur senza scatenare

alcun senso di colpa. E, al contrario dell’indifferenza che tutto

aliena ed annienta, saranno proprio l’amore e l’odio – espressioni

emozionali pulsanti di vitalità – a guidare i quattro nelle

proprie scelte. Per cercare la verità nelle relazioni interpersonali

l’autore va a scandagliare i sentimenti più intimi e reconditi

dell’animo umano, descrivendo il diverso modo – fra uomo

e donna – di intendere e manifestare la sessualità, la spiritualità,

la propensione alla genitorialità. Come un esperto giocatore

di poker, Fabbri è attento a centellinare le sue carte tenendo

il lettore incollato per oltre trecento pagine, con un timing narrativo

incalzante. Ma è anche deciso a sparigliarle all’improvviso,

andando a stanare i vecchi fantasmi dei suoi protagonisti e

a smuovere la polvere nascosta per anni sotto i tappeti, con una

serie di colpi di scena dal finale inaspettato. Un romanzo che

appassionerà specialmente le donne perché, ancora una volta,

rappresentano l’universo su cui ruotano i racconti dello scrittore

che, con una sensibilità davvero spiccata e inusuale, mostra

di apprezzarle ed amarle, esaltandone il coraggio e la capacità

di rinnovarsi continuamente, riemergendo da profondità anche

abissali.

@fabbrifedericoscrittore

@federico_fabbri_official @federico.fabbri70

Il libro è disponibile su: Amazon, LuoghInteriori Edizioni, IBS

FEDERICO FABBRI

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La tutela

dell’ingegno

A cura di

Aldo Fittante

La brevettabilità nel settore farmaceutico

Il difficile equilibrio tra tutela della proprietà intellettuale e diritto

globale alla salute

di Aldo Fittante

Il 28 luglio 2021 è stato approvato definitivamente il decreto-legge

31 maggio 2021 n. 77 (c.d. decreto Semplificazioni),

e con esso è arrivato anche il via libera definitivo

all’introduzione nel nostro ordinamento della licenza obbligatoria

di brevetto in caso di emergenza sanitaria nazionale.

Mediante l’istituto della licenza obbligatoria, i possessori di

un brevetto, un copyright o altri diritti di esclusiva possono

essere obbligati, al ricorrere di motivi straordinari, a concederne

l’uso ad altri soggetti. L’articolo 56-quater del provvedimento

approvato prevede così una modifica al Codice della

Proprietà Industriale introducendo una nuova fattispecie di licenza

obbligatoria, che ricorre nel caso in cui vi sia uno stato

di emergenza sanitaria e “sussista l’esigenza di far fronte

a comprovate difficoltà nell’approvvigionamento di specifici

medicinali o dispositivi medici, ritenuti essenziali”. Il nuovo

articolo 70-bis del Codice della Proprietà Industriale, dunque,

consentirà al Governo di concedere licenze obbligatorie per

la produzione di medicinali e dispositivi medici ritenuti essenziali

per far fronte all’emergenza sanitaria. I relativi decreti

di concessione verranno emanati dal ministro della Salute,

di concerto con il ministro dello Sviluppo economico, e nel

caso di medicinali previo parere dell’Agenzia Italiana del Farmaco

in merito all’essenzialità e alla disponibilità del farmaco.

La novella legislativa risponde all’esigenza, avvertita in

tutto il mondo, di raggiungere un equilibrato bilanciamento

tra tutela della proprietà intellettuale e diritto globale alla salute

e all’accesso libero alle cure. Il fatto che un farmaco per

la terapia del Covid-19, un vaccino o uno strumento diagnostico

possano essere “scoperti” e realizzati in un ambito di

ricerca privata e da parte di una singola azienda, infatti, fa

sì che gli stessi possano essere fatti oggetto di domande di

brevetto e che, di conseguenza, sia riservato al titolare del

brevetto stesso lo sfruttamento dell’invenzione, la determinazione

delle modalità e dei tempi della produzione e della

distribuzione, le condizioni e i prezzi. Questo scenario, normalmente

legittimo, pone però seri problemi quando sorge

l’esigenza di garantire a tutti il diritto di accedere a determinati

farmaci, vaccini e cure, indipendentemente dal possesso

di diritti di privativa. Per queste eventualità il diritto della proprietà

intellettuale prevede e disciplina particolari istituti, che

consentono di derogare alla normativa generale in funzione

di una tutela dell’interesse collettivo. A livello internazionale

un esempio di ciò è storicamente rappresentato dall’Accordo

Trips (Agreement on Trade-related Aspects of Intellectual

Property Rights), che prevede alcune ipotesi di limitazione

dei diritti esclusivi conferiti dal brevetto per motivi di interesse

generale. In particolare, l’articolo 30 dell’Accordo autorizza

gli stati ad introdurre delle deroghe ai diritti esclusivi

(una di esse è stata introdotta con la dichiarazione di Doha

del 2001, finalizzata a combattere malattie come l’HIV e la

malaria e a garantire l’approvvigionamento dei medicinali nei

paesi in via di sviluppo), purché esse non siano in contrasto

con il normale sfruttamento del brevetto e non pregiudichino

in modo ingiustificato i legittimi interessi del titolare. Oggi,

mediante l’introduzione del nuovo articolo 70-bis del Codice

della Proprietà Industriale, anche il nostro paese mette in

pratica un meccanismo virtuoso di bilanciamento specificamente

studiato per far fronte all’attuale situazione di emergenza

sanitaria, consentendo allo Stato, tramite il sistema

delle licenze obbligatorie, di obbligare il titolare del brevetto

a concederne l’uso non esclusivo ad altri soggetti, nell’ottica

di garantire un accesso più semplice, più ampio e più democratico

ai farmaci e alle cure. La notizia è dunque da salutare

con sicuro favore, dimostrando la stessa l’attenzione del

paese sia alle esigenze superiori di tutela della salute, sia ai

recenti sviluppi scientifici che, in tempi auspicabilmente brevi,

porteranno alla produzione e alla messa a disposizione di

tutti di un farmaco per la cura del Covid-19.

32

SETTORE FARMACEUTICO


A cura di

Alessandra Cirri

L’avvocato

risponde

La disciplina legale delle convivenze

di Alessandra Cirri

Sullo scorso numero abbiamo affrontato

la tematica relativa alle unioni civili

introdotta dalla “Legge Cirinnà” n.

76/2016. Oggi ci occupiamo delle convivenze

disciplinate nella medesima legge. Dal comma

36 in poi la legge n. 76/2016 stabilisce che i

conviventi di fatto sono definiti come “due persone

maggiorenni unite stabilmente da legami

affettivi di coppia e di reciproca assistenza

morale e materiale, non vincolate da rapporti di

parentela, affinità o adozione, da matrimonio o

da un’unione civile”. Diversamente da ciò che

avviene per il matrimonio e per le unioni civili,

le convivenze non hanno come presupposto

una registrazione, bensì solo una dichiarazione

all’anagrafe (simile a quella di residenza) che

ha come finalità solo quella di provare l’esistenza della convivenza,

non di costituirla. È rivolta alle coppie eterosessuali o

omosessuali che non vogliono o possono contrarre matrimonio,

per dare un riconoscimento giuridico alla loro unione e

quindi per regolare anche le questioni patrimoniali. Nei commi

da 38 a 49 dell’art. 1 vengono definiti i diritti che spettano

a ciascun convivente: si prevede che il convivente sia assimilato

al coniuge per quanto riguarda la regolamentazione

dei colloqui nelle carceri, oppure per il diritto di visita, assistenza

e accesso alle informazioni personali in caso di ricovero

ospedaliero. Si prevede anche la facoltà di designare il

proprio partner come rappresentante per l’assunzione di decisioni

in materia di salute e per le scelte sulla donazione di

organi. Inoltre, sono previsti alcuni diritti relativi alla casa di

abitazione: in caso di morte del proprietario della casa di residenza

comune, il convivente può continuare ad abitarvi per

un periodo che va da 2 a 5 anni, così come è prevista la possibilità

di succedere nel contratto di locazione alla morte o recesso

del proprio partner che era conduttore. La convivenza

è titolo di preferenza per l’inserimento nelle graduatorie per

l’assegnazione di alloggi popolari. È stato poi introdotto un

nuovo art. 230-ter c.c. che disciplina i diritti del convivente

nell’impresa del partner. Sono previste anche alcune disposizioni

in materia di interdizione, inabilitazione e amministrazione

di sostegno. È stata stabilita per legge la possibilità

di riconoscere al convivente il risarcimento del danno patito

per la morte del partner, tutti principi già riconosciuti dalla

giurisprudenza. Il comma 65 prevede il diritto agli alimenti,

in caso di cessazione della convivenza, per quel partner che

si trovi in stato di bisogno, per un periodo proporzionale alla

durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi

dell’art. 438, 2° co. c.c.. L’aspetto più innovativo della “Legge

Cirinnà” in materia di convivenza riguarda la possibilità per i

conviventi di poter disciplinare i reciproci rapporti patrimoniali

mediante un contratto avente forma di atto pubblico o di

scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato.

Questo dovrà poi essere trasmesso all’anagrafe per la relativa

iscrizione. Il contratto di convivenza si pone dunque come

strumento per fissare una serie di obblighi reciproci, destinati

ad organizzare la vita in comune dei conviventi. Circa il suo

contenuto la legge stabilisce che esso può essere relativo alla

residenza, alle modalità di contribuzione della vita in comune

e al regime patrimoniale dei beni. Non possono essere

previste condizioni o termini a pena di nullità insanabile. Il

contratto di convivenza si risolve per accordo delle parti, per

recesso unilaterale, per matrimonio o unione civile tra i conviventi

o tra un convivente e altra persona, per morte di uno

dei conviventi. La risoluzione del contratto di convivenza per

accordo delle parti o per recesso unilaterale deve essere redatta

in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o

scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio

o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme

imperative e all’ordine pubblico. Qualora il contratto di convivenza

preveda il regime patrimoniale della comunione dei

beni, la sua risoluzione determina lo scioglimento della comunione

medesima.

Laureata nel 1979 in Giurisprudenza presso l’Università

di Firenze, Alessandra Cirri svolge la professione

di avvocato da trent’anni. È specializzata in diritto

di famiglia e minori, con competenze in diritto civile. Cassazionista

dal 2006.

Studio legale Alessandra Cirri

Via Masaccio, 19 / 50136 Firenze

+ 39 055 0164466

[email protected]

[email protected]

CONVIVENZA

33


Con il Patrocinio di: Con il Patrocinio e il Contributo di: Con il Contributo di:

XXXVIII Premio Firenze

BANDO DI CONCORSO

Palazzo Vecchio

Salone dei Cinquecento

Sabato 11 dicembre 2021

I Sessione (Letteraria) ore 10,00

II Sessione (Arti Visive) ore 16,30

www.centrofirenzeuropa.it

ATTENZIONE

In relazione alla situazione ex Covid19 la Cerimonia di Premiazione del XXXVIII Premio Firenze di Letteratura e Arti Visive

si articolerà, al fine di permettere la possibilità di intervento in presenza, nel rispetto delle disposizioni di legge, dei

concorrenti Vincitori, Segnalati e Finalisti, in due sessioni: nella prima saranno consegnati i Premi e i Diplomi delle Sezioni

Letterarie, con lettura delle poesie premiate; nella seconda saranno assegnati i sunnominati riconoscimenti delle

Sezioni Arti Visive, con esposizione delle opere vincitrici nel corso della Cerimonia (ove dette disposizioni ne permettano

l’allestimento). In entrambe le sessioni i riconoscimenti saranno consegnati direttamente dall’Ufficio di Presidenza.

Con riserva di revisione e/o di aggiornamento delle modalità di svolgimento della Cerimonia in riferimento all’evoluzione

della situazione e delle collegate ulteriori disposizioni che, se del caso, saranno tempestivamente comunicate

con la loro pubblicazione sul sito del Centro Culturale.


XXXVIII Premio Firenze

L E T T E R A T U R A

NORME DI PARTECIPAZIONE

Il concorrente di ciascuna sezione dovrà far pervenire sette copie della propria opera, assieme ad un eventuale curriculum, al seguente indirizzo:

Centro Culturale Firenze-Europa “Mario Conti”

Piazza G. Giorgini, 8 - 50134 FIRENZE

Tel. 331 2702696 (Sez. Letterarie)

Unitamente all’invio delle opere dovrà essere versato, quale quota di partecipazione, l’importo di € 40,00 per una sezione di concorso. Ogni concorrente potrà

partecipare ad un numero massimo di 2 sezioni: in tal caso l’importo richiesto sarà di € 60,00. Il contributo richiesto dà diritto a diventare soci del Centro

Culturale per l’anno 2021.

Le opere inviate non verranno restituite. Per le sezioni A-C-D potranno partecipare al concorso solo le opere edite dal 2018 al 2021.

SEZIONI A CONCORSO

A) POESIA EDITA: volume di liriche

B) POESIA INEDITA: da 1 a 3 liriche a tema libero

C) SAGGISTICA (STORICA/LETTERARIA) EDITA: opera di saggistica

D) NARRATIVA/MEMORIALISTICA EDITA: opera di narrativa/memorialistica

E) RACCONTO INEDITO: massimo di 5 cartelle dattiloscritte (ad interlinea 2)

Tutte le opere dovranno essere in lingua italiana

PREMI

SEZIONI A-C-D

1° PREMIO- Fiorino d’oro e assegno di € 500,00

2° PREMIO- Fiorino d’argento e assegno di € 250,00

3° PREMIO- Medaglia di bronzo

SEZIONI B-E

1° PREMIO- Fiorino d’oro e assegno di € 250,00

2° PREMIO- Fiorino d’argento

3° PREMIO- Medaglia di bronzo

Ai Segnalati sarà conferito un Diploma d’onore. Ai Finalisti sarà conferito il Diploma di Finalista.

Tutti i premiati, i segnalati ed i finalisti saranno inseriti all’indirizzo: www.centrofirenzeuropa.it.

I Premi Speciali “Mario Conti” e “Vittorio Vettori” saranno assegnati dal Consiglio Direttivo.

I Fiorini d’oro premiati nei 5 anni antecedenti la XXXVIII edizione del Premio non potranno ottenere analogo riconoscimento nelle sezioni di riferimento. I

giudizi espressi dalla Giuria Letteraria presieduta da Enrico Nistri e composta da Marina Alberghini, Anna Maria Baldini, Federico Berlincioni, Marino Biondi,

Ruth Cardenas, Marco Cellai, Anna Maria Giglio (segretaria), Pier Paolo Guidi, Maurizio Maggini, Francesca Livia Mangani Camilli, Luca Ravazzi, Adalberto

Scarlino, Pierandrea Vanni, Valeria Vitti sono insindacabili e inappellabili.

Per ulteriori informazioni: Segreteria Sezioni Letterarie - Tel. 331. 2702696 Posta elettronica: [email protected]

Termine di consegna 23 OTTOBRE 2021

A R T I V I S I V E

NORME DI PARTECIPAZIONE

A tema libero, aperto ad artisti italiani e stranieri, è articolato nelle sezioni di:

P) PITTURA

S) SCULTURA

G) GRAFICA (tradizionale e digitale)

FV) FOTOGRAFIA (digitale ed analogica) e VIDEO

La partecipazione nelle 4 sezioni avviene attraverso l’immagine fotografica di un’opera.

Per i video, della durata massima di 2 minuti, si richiede un link su Youtube. Ogni artista può partecipare ad un numero massimo di due sezioni. La foto

dell’opera, in doppia copia, dovrà essere a colori, di ottima qualità, nel formato minimo di cm 13x18, e massimo di cm 20x30, con indicazione, sul retro, del

nome dell’Autore, delle misure, della tecnica e del verso dell’opera. Parimenti per la sezione FV dovrà essere inviata la foto o stampa a colori dell’opera digitale

o di un momento del video.

Tutte le foto delle opere a concorso saranno pubblicate nel catalogo del premio, stampato a colori, che verrà inviato ad ogni artista partecipante.

Il nominativo di tutti i concorrenti e la mostra virtuale saranno inseriti in Internet all’indirizzo: www.centrofirenzeuropa.it


Le foto dovranno essere inviate al seguente indirizzo:

Centro Culturale Firenze-Europa “Mario Conti”

Piazza G. Giorgini, 8 - 50134 FIRENZE

Tel. 3408972273 (Sez. Arti Visive)

La partecipazione al concorso prevede un contributo spese di € 90,00 (€ 100,00 per residenti all’estero) e un supplemento di € 70,00 per la seconda sezione.

La quota di adesione dà diritto a diventare soci del Centro Culturale per l’anno 2021.

Le foto inviate e il materiale allegato non verranno restituiti.

Gli originali delle opere presentate a concorso dovranno avere i seguenti requisiti:

Pittura, Grafica e Fotografia - dimensione massima con cornice metri 1,20 x 1,20.

Scultura - dimensione massima altezza metri 1- peso massimo kg 20

Per ulteriori informazioni:

Segreteria Sezioni Arti Visive - Tel. 3408972273

Posta elettronica: [email protected]

PREMIAZIONE

Le opere prime classificate nelle sezioni Pittura e Scultura saranno premiate con Fiorino d’oro e assegno di € 500,00. Alle opere prime classificate nelle

sezioni Grafica e Fotografia e Video saranno assegnati Fiorino d’oro e assegno di € 250,00. Le opere seconde e terze classificate nelle quattro sezioni saranno

rispettivamente premiate con Fiorino d’argento o Medaglia di bronzo. Tutte le opere sopra citate saranno esposte (qualora le disposizioni non dovessero

permetterne l’allestimento in Palazzo Vecchio nel giorno della Cerimonia), unitamente ad una selezione dei lavori a concorso, individuata dalla

Giuria di merito, nella Mostra Premio che si terrà a Firenze. Tutte le opere a concorso saranno inserite in Internet nella mostra virtuale della XXXVIII edizione

del “Premio Firenze”. L’organizzazione del Premio, pur assicurando la massima cura, declina ogni responsabilità nei confronti delle opere pervenute e/o

esposte. I Fiorini d’oro premiati nei 5 anni antecedenti la XXXVIII edizione del Premio non potranno ottenere analogo riconoscimento nelle sezioni di riferimento.

I giudizi espressi dalla Giuria Arti Visive presieduta da Riccardo Saldarelli e composta da Giusi Celeste, Roberta Fiorini (segretaria), Carlotta Fuhs,

Achille Michelizzi, Daniela Pronestì, Silvia Ranzi e Massimo Ruffilli sono insindacabili e inappellabili.

PREMIO FIRENZE GIOVANI PREMI SPECIALI 2021

Al fine di incentivare l’attività letteraria ed artistica dei giovani, è rinnovato

il PREMIO FIRENZE GIOVANI, riservato ai concorrenti under 30, che verrà

attribuito dalle rispettive Giurie per le sezioni dalle stesse individuate. I

giovani vincitori nei comparto letterario riceveranno riconoscimenti analoghi

a quelli dei Primi Premi nelle sezioni letterarie B-E. Ai vincitori nelle

sezioni arti visive saranno assegnati Fiorino d’oro, esposizione in Palazzo

Vecchio (ove consentita dalle disposizioni di merito) o nella Mostra

Premio sopra citata e una pagina web contenente un massimo di 10 opere

degli Autori.

Le quote di partecipazione riservate ai concorrenti under 30 nei comparti

letterario ed arti visive sono rispettivamente individuate in € 20,00 (€

30,00 per le doppie sezioni) ed in € 50,00 (€ 70,00 per le doppie sezioni).

DANTE E LA MOBILITÀ, PELLEGRINO ITINERANTE DELLA LIBERTÀ

DANTE, LO SPEDALE FIORENTINO DI SANTA MARIA NUOVA E LE GRAN-

DI PANDEMIE DELL’EUROPA MEDIEVALE E MODERNA

Nel 700° anniversario della morte di Dante Alighieri saranno assegnati tra

i concorrenti delle sezioni Letteraria e Arti Visive, a discrezione delle Giurie

di merito, 2 Premi Speciali - Fiorino d’oro ed esposizione in Palazzo Vecchio

(con le riserve di cui sopra) o nella Mostra Premio (ove espressione

del comparto Arti Visive) - a 2 opere collegate alle tematiche in oggetto. I

Premi saranno consegnati dai Presidenti dell’Automobile Club Firenze e

del Rotary Club Firenze Ovest.

Termine di consegna 23 OTTOBRE 2021

PREMIO FIRENZE – X X X V I I I E D I Z I O N E

SCHEDA DI ADESIONE – DA ALLEGARE, UNITAMENTE A

FOTOCOPIA DEL VERSAMENTO, ALLE OPERE IN CONCORSO

NOME_____________________________________________________

COGNOME_________________________________________________

DATA DI NASCITA__________________________________________

(obbligatoria solo per i concorrenti al Premio Firenze Giovani)

VIA_______________________________________ N. _____________

CAP_______ CITTÀ_________________________ PROV.__________

TEL.________________________ CELL. ________________________

EMAIL_____________________________________________________

SEZIONE LETTERARIA – Allego sette copie dell'opera concorrente per la sezione:

A Poesia Edita – B Poesia Inedita – C Saggistica Edita

D Narrativa Edita – E Racconto Inedito

SEZIONE ARTI VISIVE

P Pittura – S Scultura – G Grafica – FV Fotografia e Video

Pagamento intestato al: Centro Culturale Firenze-Europa "Mario Conti"

Piazza Giorgini 8 - 50134 Firenze

da effettuarsi esclusivamente tramite: conto corrente postale n 11567500

vaglia postale – assegno bancario non trasferibile – bonifico bancario su Banca Intesa SanPaolo IBAN

IT87N0306902887100000004018 – BIC BCITITMM (per adesioni dall’estero)

Ho inviato Euro__________________________________________________ il_______________________

La partecipazione alla XXXVIII edizione del “Premio Firenze” comporta l’accettazione completa ed automatica di tutte

le clausole contenute nel presente bando. Informativa e consenso ai sensi del Regolamento Privacy UE 2016/679

Il/La sottoscritto/a ___________________ nel trasmettere le proprie opere ed i propri dati acconsente al loro

trattamento da parte del Centro Culturale Firenze Europa “Mario Conti” ed all’utilizzo degli stessi per

invio di materiale informativo o promozionale. Il/La sottoscritto/a dichiara, inoltre, che all’atto del conferimento

dei dati ha visualizzato nel sito web www.centrofirenzeuropa.it l’informativa ai sensi dell’art.13

del Regolamento, ivi compresi i diritti che, in relazione al trattamento cui acconsente, gli derivano ai sensi

degli articoli dal 15 al 22 del Regolamento UE n. 2016/679. Il mancato consenso al trattamento comporta

l’impossibilità di partecipare all’iniziativa.

Data__________________ firma____________________________________


Firenze

mostre

Ali Banisadr

Il celebre artista iraniano per la prima volta a Firenze con

una mostra omaggio a Dante Alighieri

di Barbara Santoro

Fino al 29 agosto, nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio

e al Museo Bardini in piazza de’ Mozzi a Firenze, sono

state esposte le tele oniriche e suggestive del famoso

artista iraniano Ali Banisadr per la prima volta in Italia. La mostra,

intitolata Beautiful Lies, ha inteso rendere omaggio a Dante

Alighieri con opere pensate e realizzate proprio per la Sala dei

Gigli a partire da un’attenta rilettura dei versi del sommo poeta.

Fin da bambino, mentre si trovava nei sotterranei di Teheran per

sfuggire alle violenze della rivoluzione, Ali Banisadr disegnava

ascoltando quello che succedeva fuori: rumori, scoppi improvvisi,

detonazioni, urli e lamenti erano diventati quasi un rito

necessario per sopravvivere. Nato a Teheran nel 1976, oggi l’artista

lavora a New York. A 12 anni ha lasciato il suo paese con

la famiglia, prima per la Turchia poi per gli Stati Uniti, dove vive

attualmente. Tra la Turchia e l’America si è fermato a San Diego

e a San Francisco, recependo quel mondo di violente coloriture

fino a farle proprie. Ha poi frequentato la School of Visual Art e

la New York Academy of Arts, due tappe importanti per completare

il proprio bagaglio formativo. Le sue tele si fondano sulla

combinazione fra intuizioni e percezioni, memorie vive e ricordi

del passato, che affascinano l’osservatore attraverso contrasti

luminosi in cui il tuono, il lampo ed altri eventi atmosferici si

mescolano con presenze e figure che appaiono e svaniscono

in una realtà apocalittica davvero suggestiva, un immaginario

di creature fantastiche tra schizzi di colore e richiami letterari

sui versi di Dante. Questo artista, per la prima volta a Firenze,

ha saputo fondere con grande abilità molte influenze pittoriche

del passato, dai grandi fiamminghi fino al modernismo americano,

in un continuo variegato panorama coloristico degno di

The Rise of the Blond (2016), olio su lino, courtesy Thaddaeus Ropac

un mago. Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura del Comune

di Firenze, ha così commentato le opere in mostra: «La tragicità

delle guerre e dei conflitti, anche se dimenticati, si mescola

alla tragicità dell’esistenza dell’artista ed entrambe si congiungono

in uno stile di pittura originalissimo e fortemente evocativo,

monito del caos in cui siamo immersi e dal quale forse

non potremo emergere». Nel museo di piazza de’ Mozzi, accanto

alla collezione lasciata da Stefano Bardini alla città, il dialogo

delle opere con il contesto si fa più sentito e corale, e i suoi

demoni diventano bizzarri, mostruosi, appaiono e scompaiano

fra i marmi e le sculture, fra gli antichi cuoi e i tappeti persiani,

fra le pitture medioevali e le armature, lanciando quasi una sfida

all’osservatore confuso ma affascinato. Una mostra davvero

insolita abilmente curata dal direttore del Museo del Novecento

a Firenze Sergio Risaliti, il quale ha scelto di distribuire le opere

del maestro in luoghi diversi della città come un evento diffuso.

The gatekeepers (2009), olio su lino, courtesy Thaddaeus Ropac

Underworld (2021), olio su lino, courtesy Thaddaeus Ropac

ALI BANISADR

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Occhio

critico

A cura di

Daniela Pronestì

Duilio Tacchi

Attraverso il colore, un nuovo dialogo con il visibile

di Daniela Pronestì

Dopo essersi lungamente

cimentato nella figurazione

“disegnata”

secondo gli insegnamenti appresi

dalla lezione annigoniana,

Duilio Tacchi affronta oggi una

nuova fase della sua produzione

in cui il dialogo con il visibile,

pur non essendosi di fatto interrotto,

pare concedere maggiore

spazio alle qualità espressive

del colore. Non si tratta di un

viraggio verso l’astrazione né

del bisogno di concentrarsi sugli

aspetti cromatici per affrancarsi

dal vincolo del disegno.

Quest’ultimo è stato, e continua

ad essere, il nucleo fondante

della sua pittura, con la sola differenza

che, nelle ultime opere,

soprattutto in quelle riconducibili

al genere della natura morta,

è il colore stesso a disegnare le forme, facendole emergere

da una densa amalgama di aria e di luce; una sorta di epifania

del reale che non viene rappresentato ma affiora dal cuore

dell’opera come immagini che ritornano dalla memoria. Su

queste superfici, il tempo sembra aver agito in parte coprendo

o cancellando alcuni particolari, in parte invece svelando

ciò che rimane nascosto sotto la “pelle” della pittura. Sono vi-

Al centro Duilio Tacchi con Marta Babbini e Patrizio Basetti in occasione dell'inaugurazione della mostra a Pietrasanta

sioni che parlano all’oggi con un linguaggio insieme classico

e moderno, carico di riferimenti che, come spesso accade in

Tacchi, traggono spunto dalla tradizione estremorientale nel

modo di equilibrare il rapporto tra pieno e vuoto, di diluire la

pennellate con effetti che ricordano la pittura ad inchiostro, di

privilegiare l’insieme rispetto al singolo dettaglio per restituire

la complessità di uno stato interiore. La stessa influenza stili-

38

DUILIO TACCHI


stica si avverte nelle opere che mostrano il volto serafico di un

Budda ritratto di profilo e avvolto tutt’intorno da rami e fiori cresciuti

sulla superficie dell’idolo antico corroso dall’azione dei

secoli. Come già in altre opere di Tacchi, anche in questo caso

torna il tema delle rovine, ovvero di ciò che resiste al fondo

della storia umana quando il tempo e la natura abbiano fatto il

proprio corso, lasciando al presente nient’altro che frammenti

di un’unità ormai perduta. Ricomponendo questi stessi frammenti,

l’artista immagina quale potrebbe

essere l’aspetto dell’umanità

futura, innestando sul corpo di strane

creature fiori e residui metallici, in un

ibrido che mette insieme natura e artificio,

organico e inorganico. È il presagio

di un avvenire che vedrà l’essere

umano fare i conti con i propri errori,

con gli abusi ai danni dell’ambiente,

trovando il modo di sopravvivere in

un pianeta popolato di rifiuti e dall’aria

ormai irrespirabile. Eppure, esiste

ancora una speranza, una via di fuga

possibile dalla quale ripartire per

far “rinascere” il mondo: è una figura

femminile nuda e addormentata nel

cuore del bosco, una grande madre

pronta a risvegliarsi per ridestare, insieme

a lei, la vita intorno, segnando

un nuovo inizio per il genere umano.

In queste opere, l’uso della foglia oro permane quale tratto distintivo

di un immaginario artistico che da sempre ha il tono

di un racconto leggendario, di un’epopea fuori dal tempo, nelle

cui atmosfere immergersi come in un sogno ad occhi aperti.

Dal 22 agosto al 4 settembre 2021, Duilio Tacchi ha esposto

in collettiva a Pietrasanta con la galleria Artistikamente

di Pistoia.

DUILIO TACCHI

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Movimento

Life Beyond Tourism

Travel To Dialogue

Raccontare i territori trasformando

i viaggiatori in residenti temporanei

I nuovi strumenti di marketing territoriale di Life Beyond Tourism

Dopo la partecipazione all’evento

JazzInn 2021 a Pietrelcina

dello scorso luglio,

il Movimento Life Beyond Tourism

Travel to Dialogue continua a portare

in giro per l’Italia i suoi progetti di

valorizzazione dei territori attraverso

il coinvolgimento di coloro che

abitano i territori stessi. È proprio a

Pietrelcina che è stato presentato il

prodotto a servizio dei territori Luoghi

Parlanti ideato dal Movimento

LBT-TTD in collaborazione con il partner

tecnologico Europromo. Luoghi

Parlanti si svolge direttamente nel

territorio di riferimento ed è un vero

e proprio strumento di marketing

territoriale utile a tracciare, condividere

ed ampliare la comprensione

dei territori sia per i visitatori internazionali

che locali. Attraverso i tag

NFC è possibile guidare il visitatore

alla scoperta del territorio indicandi

Stefania Macrì

do percorsi, aziende, attrazioni, attività,

eventi e patrimonio sulle relative

pagine web. Una narrazione completamente

personalizzabile ispirata alla

valorizzazione del luogo a 360° gradi

che unisce il linguaggio tradizionale

della fotografia al contenuto web per

creare percorsi e suggerire connessioni

all’interno del territorio. Grazie

alla collaborazione con B&B Hotels

Italia, Golden Donor Life Beyond Tourism,

Luoghi Parlanti è in fase di

applicazione nelle seguenti città italiane:

Bolzano, Firenze, Napoli, Roma

e Verona. I visitatori di queste città

infatti troveranno un pannello fotografico

interattivo, con tag NFC, all’interno

delle hall degli hotels di B&B

Hotels Italia. Questo rappresenta il

primo passo per conoscere la città e

poterla visitare attraverso gli occhi e i

consigli dei locals vivendo delle esperienze

autentiche di viaggio.

40

MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE


Il progetto è la pratica applicazione

della metodologia LBT che si basa

sul viaggio dei valori, che supporta

i territori coinvolgendo i residenti:

istituzioni, aziende, artigiani, artisti

e abitanti. Luoghi Parlanti

trova una delle sue molteplici pratiche

applicazioni nell’ambito del

1° Festival Internazionale delle

Espressioni Culturali del mondo

“The World in Florence” e apre un

programma quinquennale di attività

internazionali per promuovere

la conoscenza dei vari luoghi del

mondo attraverso lo strumento

dello storytelling culturale. Il Festival

si svolgerà a Firenze nei giorni

25 e 26 novembre 2021 e consi-

sterà in una serie di attività legate tra loro che partono da una

mostra fotografica innovativa e interattiva, con contenuti tematici

legati al rilancio delle regioni e alla loro scoperta su

www.lifebeyondtourism.org tramite la tecnologia NFC per visitare

virtualmente il mondo attraverso gli occhi degli abitanti

e acquisire uno sguardo privilegiato sul patrimonio

materiale e immateriale internazionale. Inoltre nei due giorni

di evento sono previsti un convegno durante il quale i territori

sono invitati a raccontarsi e a raccontare le proprie espressioni

culturali, dei panel tematici su argomenti di attualità tenuti

da docenti e esperti internazionali che si occuperanno di

analizzare lo sviluppo urbano, il sistema del verde, le migrazioni,

la produzione di cibo, il patrimonio, la storia sociale.

Per maggiori informazioni ecco il link di riferimento: https://

www.lifebeyondtourism.org/it/events/festival-dei-territori/.

Per aziende, istituzioni, pubbliche amministrazioni e proloco

che vogliono partecipare al Festival producendo un proprio

storytelling culturale sono previsti dei pacchetti di partecipazione

disponibili contattando [email protected].

L’accesso alla mostra sarà libero mentre per il convegno e i

panel tematici è prevista una registrazione, il tutto nel rispetto

delle disposizioni normative vigenti anti Covid-19.

L’artista del mese: Paola Imposimato

Paola Imposimato è una pittrice professionista di Firenze.

Laureata all’Accademia di Belle Arti, ha organizzato

diverse mostre personali, collettive e

permanenti, oltre che tantissime altre iniziative e collaborazioni

importanti in ambito italiano e internazionale come

i novantacinque striscioni (Palii) di famose rievocazioni

storiche, rappresentazioni artistiche per aziende di moda,

pubblicazioni editoriali e molto altro. Ha ricevuto numerosi

premi e riconoscimenti tra cui diversi Graphic Art Awards,

la medaglia di bronzo al Florence Award (2010) e il Premio

del Consiglio Regionale della Toscana. Per maggiori informazioni

sull’artista, sulle sue opere, i premi e i contatti vi invitiamo

visitare la sua pagina sul nostro sito: https://www.

lifebeyondtourism.org/it/ourartists/paola-imposimato/

Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue srl è una società

benefit. Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism®,

ideati dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di promuovere

e comunicare il patrimonio naturale e culturale dei vari territori insieme

alle espressioni culturali, il loro saper fare e le conoscenze tradizionali che

custodiscono. Offre progetti e soluzioni di visibilità e rafforzamento delle

identità locali dei vari luoghi, crea eventi basati sul dialogo tra il territorio e

i suoi visitatori grazie a una rete di relazioni internazionali di alto prestigio.

Per info:

+ 39 055 290730

[email protected]

www.lifebeyondtourism.org

MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE

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La voce

dei poeti

Le liriche di Isabella Cipriani

àmina

nessuna pietra

nessun cartone

né corpi buttati

la mia casa è bianca con il tetto rosso

quando muore

una fenice

Selene

Ho una foglia incastonata nel petto

una fiamma di perla

una scheggia che ramifica in canto.

Cento sono le stelle vaganti

su questo pianeta d’ardesia

che somiglia un po’ al mare

calmo ridotto in placida attesa

di vento di sole

il frumento guarda all’alba

come a una storia d’amore.

Io ti attendo

quieto ardore

cresci divampa

e diventa una lirica stanca

profonda violacea

di mesta assonanza

non calziamo le vie le stesse di sempre.

Siamo suoni diversi

mio tenero amore

che sei stato un lungo sogno

una breve apparizione.

La Via

Ancora in attesa di amare il vello

Signore io sono -

mancante al tuo appello ogni volta che piove.

Soffiano i venti questa sera bastarda

non mi accorgo che la luce che vedo

è la luna a poggiare sul grembo

Madre -

cantami ancora di quando fu tempo di redenzione

cantami ancora di come si abbracciano farfalle e il chiasma

Madre -

ricordami come portarlo.

Il fardello che ingombra la stanza non so neanche se esiste

o forse è un calco di cera di gesso di calce.

Di terra. Per il fuoco. La legna.

Umida questa mattina d'inverno che non vede l'uva stillare il

suo succo. Canterà l'usignolo rinnovato amore

e nel tempo dimentico giacciono cuscini e false lenzuola.

Attendere non è possibile -

quando si fa Buio il rifugio sei Tu

quando si fa Luce sei Tu.

Sei sempre Tu mio Signore

in ogni ovunque in ogni ora

depongo la pietra a terra:

divampa il Cuore.

Sine titulo

Di quale sostanza fui fatta

melilla

e adesso che l’ora s’attarda

ricordo incastonate nel collo

sorgenti verde marino

[email protected]

Isabella Cipriani

42

ISABELLA CIPRIANI


Ritratti

d’artista

Danilo Susi

Da sempre diviso tra scienza e arte, il medico fotografo torna ad

esporre a Firenze con ARTOUR-O

di Maria Grazia Dainelli

Danilo Susi, medico fotografo, come lui stesso si

definisce, è sempre stato “diviso” tra scienza e arte.

Negli ultimi anni è “di casa” a Firenze, non solo

per aver esposto alle Giubbe Rosse nel 2011 e nel 2017

e a Palazzo Bastogi nel 2018 per aver vinto il premio Firenze-Europa

“Mario Conti”, ma anche per essere uno dei

protagonisti di ARTOUR-O il MUST, il MUSeo Temporaneo.

Il progetto, attivo dal 2005, ha doppiato la boa delle

32 edizioni, due all’anno, la prima sempre a Firenze a

marzo e le altre in autunno via via a Roma, Genova, Bologna,

Shanghai, Yiwu, Montecarlo, Londra (due volte), Praga,

Portofino, Barcellona, Funchal e Malta (due volte). Alla

manifestazione, ideata da Tiziana Leopizzi per attualizzare

il rapporto artista-committente che nei secoli ha reso

l’Italia un paese unico al mondo, Susi ha partecipato con

Acqua Levico nel 2018 e 2019 esponendo all’ASP Firenze

Montedomini e al Convento del Savonarola. Sempre con

ARTOUR-O il MUST è entrato tra i protagonisti di ABC 360°

MUSiAT (MUSeo internazionale Arte Territorio), aperto nel

Monferrato ad Alice Bel Colle ed inaugurato dalla presidente

dell’Accademia delle Arti del Disegno Cristina Acidini

il 3 ottobre scorso. Quest’anno il progetto, che ha saputo

sempre rinnovarsi negli anni, è dedicato alla figura di

Dante Alighieri e ai temi arte, economia e lingua italiana.

La manifestazione si apre all’Accademia delle Arti del Disegno

il 24 settembre alle ore 12.00 con l’assessore alla

Cultura del Comune di Firenze Tommaso Sacchi; seguono

le sezioni A tavola e Percorso in Città con le Tetraktys, Variazioni

sul tema di Dante. Questa versione assolutamente

inedita prevede anche un gioco: i messaggeri di ARTOUR-O

nel mondo potranno completare l’opera inserendo le 2€ di

Dante nel passe-partout, solo allora l’opera potrà dirsi finita.

Danilo Susi è rientrato

tra i dieci artisti della

committenza, i cui lavori

di piccolo formato sono

ispirati al sommo poeta:

precisamente 700 opere

in omaggio appunto ai

settecento anni dalla morte

di Dante. Il medico fotografo

ha tratto dal suo

archivio le immagini più

significative per rappresentare

le tre cantiche ed

ha progettato la sua Tetraktys,

in attesa delle installazioni

composte ognuna

da dieci pezzi, uno per

ogni autore. In corso dal

24 al 26 settembre prossimi,

la manifestazione

vedrà tenersi a Firenze

focus, incontri, conferenze,

cene conviviali, secondo

un percorso in città

scandito dalle Tetraktys.

Dal capoluogo toscano,

ARTOUR-O si sposterà in

giro per il mondo e si concluderà

a Firenze in occasione

dell’apertura del

Museo della Storia della

lingua italiana nel 2022.

DANILO SUSI

43


Ritratti

d’artista

Nikla Biagioli

Un anno di grandi progetti per

l’eclettica artista toscana

di Elisabetta Mereu

L’età è davvero un dettaglio anagrafico se si tratta dell’artista

over 70 Nikla Biagioli, una delle poche esponenti

della Digital Art in Italia. Non l’ha fermata nemmeno

il lockdown mondiale, che anzi le è servito per elaborare diversi

nuovi progetti messi in atto quest’anno. Ad iniziare da un sito

internet dedicato alla sua lunga e variegata attività artistica, collegato

alla pagina Facebook L’arte nel digitale. Negli ultimi mesi,

dopo aver esposto i suoi singolari dipinti in numerose mostre collettive

a Firenze, la pittrice toscana ha continuato, senza sosta,

ad alimentare la propria carriera professionale di nuove opportunità

ed iniziative. Quando ai primi di agosto la incontro per questa

intervista è appena tornata dal Veneto dove, non paga delle

sue due precedenti esposizioni, ha partecipato alla terza edizione

della mostra del Mini Quadro organizzata da Andrea Lucchetta,

della ELLE Galleria di Preganziol, con le opere dal titolo Ricordi

e Dalla Casa di Giotto. «Sono stata molto felice di accettare anche

quest’anno l’invito del gallerista veneto – dice – perché questo

spazio espositivo vuole proporsi anche come centro di ricerca

e sperimentazione di selezionati artisti contemporanei e inoltre

perché l’iniziativa in tre sole edizioni ha assunto grande rilevanza

artistica grazie alla presenza costante di Vittorio Sgarbi. Il grande

critico d’arte ci ha sollecitato a continuare a coltivare la creatività,

perché – ha detto – questo è l’elemento principale che consente

all’artista di rimanere bambino ed è una liberazione di una parte

della propria interiorità che specie le donne hanno dovuto comprimere

nei secoli. L’arte presenta la profondità dell’essere ed è sempre

bellezza. Sgarbi - continua la signora Biagioli - mi ha detto di

proseguire perché le mie opere sono "degne di nota" per il significato

profondo che trasmettono e per la ricerca costante di nuo-

ve tecniche di espressione, consigliandomi di partecipare sempre

ad esposizioni che, come questa di Preganziol, contribuiscono a

dare visibilità agli artisti e alle loro opere, che così acquistano notorietà

e anche valore». Ecco perché, sulla scia di questi autorevoli

suggerimenti, dal 23 ottobre al 5 novembre, Nikla Biagioli

parteciperà anche all’edizione autunnale di ART3 2021, promossa

sempre dall’attivissimo gallerista Lucchetta, che per questo appuntamento

ha invitato come ospite d’onore lo storico e critico

d’arte Giorgio Gregorio Grasso, curatore di moltissime mostre in

Italia e nel mondo tra le quali la 58ª Biennale di Venezia. Ma, prima

della trasferta veneta, la pittrice presenzierà ad un’iniziativa

da lei stessa promossa: DurANTE l’anno, una mostra d’arte collettiva

con opere ispirate agli scritti di Dante, in occasione delle

celebrazioni per i settecento anni dalla morte del sommo poeta.

Un evento culturale che si svolgerà presso la sala della Propositura

nel Comune di Scarperia e sarà rivolto a pittori, scultori, scrittori

di poesie e prose brevi. Queste ultime, il 18 settembre, giorno

dell’inaugurazione, verranno lette da un attore e un’attrice in abiti

medioevali ed esposte insieme ai quadri, a beneficio dei visitatori

che potranno visitare la mostra fino al 25 settembre.

www.niklabiagioli.com

[email protected]

L’arte nel digitale

Nikla Biagioli in uno scatto di Toti Lo Verde

Dalla Casa di Giotto (2016), digital art, cm 30x42

Ricordi (2007), digital art, cm 42x30

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NIKLA BIAGIOLI


Eventi in

Toscana

DurANTE l’anno

Un evento artistico-letterario organizzato in Mugello per celebrare

Dante Alighieri a sette secoli dalla morte

di Elisabetta Mereu

Secondo quanto riporta la prestigiosa

enciclopedia Treccani, il 90% delle parole

in uso ancora oggi sono contenute

già nella Divina Commedia. Non a caso

Dante Alighieri è considerato il padre della

lingua italiana e, data la sua importanza

in ambito letterario e culturale, a 700 anni

dalla sua morte sono state numerose le manifestazioni

organizzate in tutta Italia per ricordarlo.

«Fra le tante iniziative, anche noi

dell’Associazione Culturale E.S.S.E.R.E. di

Barberino del Mugello – afferma la presidente

Nikla Biagioli – abbiamo voluto fare la

nostra proposta artistica per celebrare l’illustre

fiorentino. E così, giocando con il vero

nome del sommo poeta (Durante di Alighiero

degli Alighieri ndr.), è scaturita l’idea di realizzare

DurANTE l’anno, mostra collettiva di

pitture, sculture, poesie e componimenti letterari

brevi tutti ispirati alle numerose opere

di questo straordinario autore, che si terrà

dal 18 al 25 settembre, presso la Sala della

Vecchia Propositura nel comune mugellano

di Scarperia, a quattro giorni dall’effettiva ricorrenza

che sarebbe il 14 settembre. I trentatré

artisti che hanno aderito con i loro

lavori creativi hanno preso spunto un po’ da

tutta la produzione letteraria di Dante, quindi

non solo dalla Divina Commedia. Ma certamente,

per il fatto che è l’opera più famosa e con temi ancora

di grande attualità, le terzine in essa contenute – e in particolare

quelle dei gironi infernali – sono quelle che il pubblico

vedrà rappresentate in maggior misura». In occasione

dell’inaugurazione dell’evento, che sarà ripreso dal team del

giornalista Fabrizio Borghini per la trasmissione televisiva Incontri

con l’arte, i brani elaborati verranno letti da Gabriella

Vallini e Massimiliano Boretti, attori del Gruppo Teatrale Live

Andrea del Castagno, Dante, Ciclo degli uomini e donne illustri, 1450

Art di Borgo San Lorenzo, entrambi in abiti medioevali. I testi,

opportunamente incorniciati, saranno successivamente

appesi vicino ai quadri, così da essere fruiti dai visitatori per

l’intera settimana di esposizione. «Chi visiterà la mostra –

conclude la presidente Biagioli – potrà ammirare anche qualcosa

di davvero singolare, ma questa è una sorpresa. Se ve

lo dico già da ora che sorpresa è? Vi aspetto a Scarperia dal

18 al 25 settembre».

Antonella Albanese

Bruno Anzilotti

Bani Piergiorgio

Benvenuti Flavio

Biagioli Nikla

Bicchi Gloria

Bini Adriano

Brachi Elena

Cappellari Alice

Cavoto Vera

Ciucchi Carlo

Di Placido Chiara

Ferraresi Federica

Fiesoli Antonio

Frullini Neri

Gabellini Patrizia

Galano Maria

Lucia Innocenti

Daniela Karewicz

Giuseppe Langone

Loris Lentucci

Fabrizio Maiorelli

Marta Manetti

Mario Mantelli

Marusca Morozzi

Niccolò Niccolai

Stefano Parrini

Pietracito Elisa

Puttin Franco

Sambataro Maria

Tavino Lidia

Torti Fiorella

Ulivelli Francesca Barbara

DURANTE L’ANNO

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Nuove proposte dell’arte

contemporanea

A cura di

Margherita Blonska Ciardi

Jorge Goncalves Romero

L’artista venezuelano di nuovo protagonista dell’evento Aqvart a

Venezia con una visione della società contemporanea

di Margherita Blonska Ciardi

Anche quest’anno, l’artista venezuelano

Jorge Goncalves Romero, che vive e lavora

a Vienna, prenderà parte alla mostra/meeting

internazionale Aqvart a Venezia,

alla quale ha già partecipato nelle scorse edizioni.

Patrocinato dal Comune di Venezia, l’evento

Aqvart sta conquistando ogni anno sempre più

rilievo negli appuntamenti culturali della Serenissima,

cercando di tenere alto livello artistico

dei partecipanti e migliorando ogni anno la

parte organizzativa. Tra gli artisti di rilievo certamente

si distingue la personalità pittorica di

Jorge Goncalves Romero, che lo scorso anno ha

ricevuto il Premio al Merito per le sue opere che

raccontano, con la potenza di colori sgargianti,

importanti tematiche sociali. Nella

prima edizione di Aqvart, l’artista ha

proposto la serie Street People che rappresentava

la solitudine dei passanti

nelle strade delle grandi metropoli urbane.

Lo scorso anno, invece, a seguito

dello spunto riflessivo offerto dal

primo lockdown, le sue opere erano dedicate

alla danza, che secondo l’artista

è un ottimo rimedio alla depressione

e permette di connettersi con l’energia

positiva del creato. Nella prossima

edizione di Aqvart, Goncalves Romero

risponde alle problematiche che affliggono

la società globale come le continue

chiusure dovute al Covid. Il suo

intento è sottolineare l’importanza della

famiglia attraverso una serie di ritratti

dedicati ai suoi cari e dipinti con

una caratteristica impronta stilistica.

Il ritratto della figlia Maria partecipa

anche al concorso Tamara Art Award

collegato alla Biennale di Firenze. L’opera

è stata selezionare per la mostra

Tamara dedicata alla donna che

si svolgerà a Firenze nel mese di ottobre

2021 presso la Fortezza da Basso e

sarà abbinata all’esposizione delle serigrafie

originali di Tamara de Lempicka

seguita dalla conferenza che vedrà

come ospite Marisa Daporto de Lempicka,

nipote della celebre artista.

Jorge Goncalves Romero

Maria, ritratto della figlia dell'artista

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JORGE GONCALVES ROMERO


Personaggi

Giuseppe Ferlito

Regista e fondatore della Scuola di Cinema Immagina a Firenze

di Rosanna Bari / foto Rosanna Bari e courtesy Giuseppe Ferlito

Giuseppe Ferlito, regista

e sceneggiatore siciliano,

comincia a fare

i primi passi nel mondo della

recitazione a Firenze, frequentando

il corso di drammaturgia

di Eduardo De Filippo presso la

Bottega Teatrale di Vittorio Gassman,

da lui fondata nel ʼ79. Appassionato

di cinema e di regia,

dopo essersi confrontato con la

realtà teatrale, nel 1983 fa il suo

esordio come regista cinematografico,

e dal 1990 si dedica anche

allʼinsegnamento, dapprima

presso il Video Laboratorio del Cinema Spazio Uno e poi

presso la Mediateca Regionale Toscana. Dalla volontà di

un gruppo di registi, scrittori e attori, guidati da Giuseppe

Ferlito e Sandra Patara, nel 1994 nasce nel cuore dellʼOltrarno,

in Borgo Stella, la Scuola di Cinema Immagina, dove

egli è docente e direttore artistico. Svariati i corsi proposti:

recitazione, doppiaggio, regia, montaggio, sceneggiatura

e giornalismo cinematografico. Nella sua scuola,

allievi di corsi diversi sono chiamati a confrontarsi in un

costante dialogo, base per una proficua sperimentazione

interdisciplinare. Sempre coinvolti nella realizzazione

dei suoi lavori, molti di loro sono oggi professionisti affermati.

Autore di film indipendenti, nel 1998 con il film

Femmina, scritto da Giuseppe Patroni Griffi, con Monica

Guerritore e Roberto Farnesi, approda anche al cinema

di grande distribuzione. I suoi film tendono alla sensibilizzazione

dello spettatore verso importanti tematiche

sociali: Infernet, affronta i pericoli che possono deriva-

Con gli allievi della Scuola di Cinema Immagina

re dallʼutilizzo improprio dei social network; Né terra né

cielo, riconosciuto di alto valore culturale e sociale, riceve

il Premio del Pubblico al Festival del Cinema Italiano

di Ajaccio 2004. I suoi due ultimi cortometraggi realizzati

durante lʼestate sono: Vecchio mondo con Roberto

Farnesi, Enrica Pintore e Sergio Forconi, e Oltre il tempo

con Fabio Baronti. Ma già si prefigurano allʼorizzonte gli

obiettivi futuri: la messa in opera di alcune sceneggiature

di lungometraggi di soggetti a sfondo sociale, temi

a lui particolarmente cari. Il 1°

agosto, in Sicilia, il regista ha

ricevuto il prestigioso riconoscimento

alla carriera "Premio

Messina Cinema 2021".

www.cinemaimmagina.it

Scuola Di Cinema Immagina

immagina_scuoladicinema

Il regista Giuseppe Ferlito

Sul set del cortometraggio Vecchio mondo

La consegna del Premio alla Carriera 2021

Con l'attore Roberto Farnesi sul set di Vecchio mondo

GIUSEPPE FERLITO

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La voce

dei poeti

Maria Laura Sorìa Tonelli

La poesia germogliata “nel silenzio interiore”

di Erika Bresci

Il silenzio interiore di Maria Laura Sorìa Tonelli è un hortus

conclusus che racchiude lo spazio privilegiato di un colloquio

intimo, segreto, personale con se stessa e con Dio. È

il luogo dedicato all’incontro, altrimenti difficile, aspro, ruvido

tra quella terra cui spesso si attribuiscono caratteristiche di pesantezza

e grigiore e il cielo “chiaro”, limpido, aperto, luminoso

talvolta fino allo sfavillio, sede di altro, di un poi comunque non

irraggiungibile, se lo si desidera. L’uomo parte dalla terra per

arrivare al cielo. Dalla concretezza animata della più volte ricorrente

triade dolore-gioia-speranza, incrociata sui sentieri del

tempo e della storia, riconoscendosi cosa tra le cose, vedendo

e comprendendo (perché vedere è conoscere), toccando e lasciandosi

toccare dalle meraviglie del creato. Quella terra, che

è polvere e fatica, è anche madre di “orlature trinate / di pini, di

cipressi”, di “murmuri profondi / di acque sorgive”, di colli “infiorati

di viti”. E di fiori, tanti, declinati nei nomi, nelle forme e

nei colori, scelti come cammei a impreziosire la raccolta negli

acquerelli di Silvia Bellone Sorìa, e a plasmare metafore delicate

e profondissime di inquieti stati d’animo e fragile condizione

umana: così la rosa tardiva, all’approssimarsi dell’inverno, può

offrire “qualche bocciolo ancora”, i girasoli ci ricordano come

“il sole li mutava / di giorno in giorno ed era / un tiranno capace

/ d’appassire e piegare / le pesanti corolle, / quasi per condannare

/ la superba illusione / di rivolgersi a lui” e gli asfodeli,

pallidi, “vivendo a lungo, / sfidando il tempo con la nostra storia,

/ […] sembrano corolle di mandorlo fiorito”. Ed è la voce “dei

poeti e degli eroi” (curioso, forse non poi tanto, abbinamento)

respirati in terra di Sicilia – ma è anche la voce di Maria Laura,

che leggiamo in questi versi – che sa tenere teso quel filo che

lega materia ctonia e siderale, lo slancio che attraversa il tempo

per farsi eternità, sussurro eterno, silenzio fecondo. Essere

pronti al balzo, all’incontro chiaro, comprensibile con il Divino,

significa allora aver attraversato il lavorio dei giorni, e averlo fatto

“bene”. Con la consapevolezza dell’esserci, nella comunione

perfetta di corpo e anima, come creatura predestinata al volo.

Difficile, ultimo congedo, dolce zavorra cui dover rinunciare è il

Maria Laura all’età di 60 anni

Sul terrazzo della sua casa a Borgo San Lorenzo con i figli (da sinistra, Francesco,

Maria Cristina, Pietro, Paolo, Ilaria e Maria Francesca), il marito Luigi ed il

suocero Francesco (giugno 1968)

L’addio

In un mese di un anno, / in un giorno del mese, / in un’ora del giorno, / in quel mese dell’anno, / cesserà la mia vita. / Non vedrò

i rami verdi / di foglie o scheletriti / nel grigiore d’inverno; / non vedrò nei solari / riflessi la ballata / dei pulviscoli mossi

/ in turbini leggeri; / non vedrò voli d’ali, / colori di farfalle, / cieli neri stellati / e corolle profumate / schiuse dalla rugiada

/ mattutina, scaldate / dal meriggio assolato. / Non sentirò piangere / chiamando “Mamma” i bimbi, / le madri rimpiangere

/ figli perduti, figli / lontani e, i figli soli, / invocare le madri. / I vostri occhi saranno / forse fissi negli occhi / miei che

spenti vedranno / confusamente incerti / voi che foste a me cari, / come niente fu caro / al mio cuore di madre. / La mano

sarà inerte, / ma tesa ancora in cerca / di quelle vostre dita / tepide e vive, aperte / a chiedere sostegno / sicuro, protettivo

/ amoroso, materno. / Poi, l’Incontro Divino, / il Giudizio Divino, / il Mistero Divino: / comprensibile, chiaro / nella vita

che nuova / ricomincia ed è eterna.

48

MARIA LAURA SORÌA TONELLI


“vedere” gli affetti più cari, i figli. L’Addio – che

proponiamo nella sua interezza – compendia

nella perfetta forma e nella limatura precisa

del lessico e della sintassi, nello scandire dei

versi che ricordano antiche partiture, la tensione

tra gli opposti cui l’uomo, nella sua storia,

è costantemente soggetto – e che in tutta la

raccolta si tenta di portare in equilibrio. Fragile

ma possibile. Pericoloso ma necessario. La

sintesi di un processo così acutamente definito

dalla scrittrice: “Nella luce l’ombra si profila

/ la luce dall’ombra è manifesta”. Con la paura

di affrontare l’ultimo tratto di strada da soli,

senza neppure il conforto dei ricordi che Mnemosine

non riesce a trattenere tra le sue candide

dita, anche la poesia si fa essenziale, e

dopo L’Invocazione a Dio – non a una Musa o

al proprio estro poetico – e il chiederGli “senti

la mia voce? / è un singulto, un pianto!”, la

materia poetica si fa insieme rarefatta (perché

lascia il tempo per essere sedimentata e accolta)

e densa (perché racchiude in sé infinite

sfumature di significato), per divenire infine

pacato e luminoso silenzio. Con il marito Luigi in vacanza in Valtellina nell’estate del 1987

Nata a Firenze il 14 giugno 1920 da una famiglia di

origini piemontesi, Maria Laura Sorìa Tonelli crebbe

a Borgo San Lorenzo. Nel 1942 sposò Luigi Tonelli,

giunto a Firenze da Livorno per gli studi universitari e

per iniziare una brillante carriera di chirurgo. Lo seguì dapprima

a Roma e quindi a Perugia e Pisa, per fare ritorno a Firenze

nel 1964. La sua vita, passata ad aiutare il marito con

tanto sacrificio e a dedicarsi ai figli, che aumentavano di anno

in anno fino a diventare sei, ed ai tanti nipoti, la portò

a sposare in pieno l’attività dell’AMMI (Associazione Mogli

Medici Italiani), associazione nata a Mantova nel 1970 per

testimoniare il ruolo di collaborazione che le consorti svolgevano

nel lavoro dei propri mariti. L’AMMI fu fondata a Firenze

da Maria Laura nel 1976. Ben presto, ella divenne un

punto di riferimento per le varie sezioni nazionali e fu eletta

presidente nazionale dell’associazione. L’entusiasmo che

seppe trasmettere alle tante socie iscritte fu di stimolo all’organizzazione

annuale di un congresso nazionale su argomenti

di rilevante interesse medico scientifico, all’istituzione

di premi studio per giovani ricercatori e studenti ed al sostegno

dell’ONAOSI, ente benefico nato per aiutare ed ospitare

in una bella residenza perugina gli orfani di medici, farmacisti

e veterinari. Erano lunghe per Maria Laura le giornate

passate ad aspettare il marito o ad accompagnarlo nelle sedi

di lavoro. Ma proprio questi momenti servivano a pensare

e stimolavano le sue sensazioni e le sue riflessioni. Nacque

così grazie alla sua passione per la scrittura questa raccolta

di poesie. Vengono espressi pensieri nati dalle esperienze

di una vita talora serena, talora difficile, ansie e domande

alle quali tutti vorremo dare una risposta. E qua e là quadri e

scorci di Firenze. Maria Laura è deceduta nel 2009.

MARIA LAURA SORÌA TONELLI

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Fernando Casalini

Il volto di una tradizione senza tempo

Fernando Casalini, Ci rivedremo (2017)

Immagine tratta dal calendario

Fernando Casalini 2020 edito da Polistampa


I giganti

dell’arte

Caravaggio e Michelangelo

Dalla Pietà alla Deposizione, il confronto tra due giganti dell’arte

di Matteo Pierozzi

Nella storia dell’arte abbiamo

avuto due giganti

entrambi di nome Michelangelo:

il Buonarroti e il Merisi da

Caravaggio che solo al suo omonimo

fiorentino ha voluto guardare

e confrontarsi. La vita del

Caravaggio, provata da un’inarrestabile

vocazione autodistruttiva,

inizia a Milano dove nasce da famiglia

piuttosto modesta originaria

di Caravaggio; a 21 anni, nel

1571, è a Roma dove frequenta

botteghe di basso livello finché

non emerge il suo stile brutalmente

realistico. Ci restano di questo

periodo testimonianze quali il volto

del ragazzo malato e le ceste di San Pietro, Città del Vaticano

di nature morte quasi vere. Comincia

a collezionare ammiratori importanti, come il cardinale

Francesco Maria Del Monte, ambasciatore del Granducato di Toscana

presso il Papa, ma nonostante la fama crescente e i cospicui

guadagni, in lui continua ad ardere inesorabile la fiamma

dell’autodistruzione. Degli arresti di Caravaggio a Roma sono

pieni gli archivi, girava armato nonostante le leggi lo vietassero

e finiva regolarmente in galera. Grazie all’aiuto di amici influenti

riusciva però regolarmente a cavarsela finché, nel 1606, durante

una partita di pallacorda, scoppiò una rissa tra spettatori

e un uomo cadde esanime sul selciato: l’aveva ucciso proprio

Caravaggio che dovette fuggire per evitare la pena di morte. Si

rifugiò dapprima a Napoli, dove dipinse le magnifiche Opere di

misericordia e la Flagellazione di Cristo, e successivamente raggiunse

Malta dove fu fregiato del titolo di Cavaliere, acquisendo

uno status sociale al quale, da sempre, aspirava. Lì dipinse capolavori

come la Decollazione del Battista e il San Girolamo, ma

anche nell’isola la sua maledizione continuava a perseguitarlo:

un giorno d’agosto del 1607, durante una partita a carte, esplose

una rissa e ferì gravemente un cavaliere venendo, di conseguenza,

espulso dall’Ordine dei Cavalieri di Malta e incarcerato.

Uno dei suoi amici più potenti, forse un Colonna, riuscì comunque

a farlo fuggire su una nave alla volta della Sicilia. Anche durante

il soggiorno siciliano, dipinse opere destinate a diventare

celebri; sentendosi in pericolo, trovò più conveniente rifugiarsi a

Napoli, dove, però, i sicari del cavaliere ferito a Malta lo raggiunsero

e lo pugnalarono ferendolo gravemente. Dovette andarsene

e tentò di tornare a Roma per chiedere il perdono del Papa,

magari tramite il cardinale Scipione Borghese. Imbarcatosi su

una piccola nave, dopo lo sbarco venne fermato alla frontiera;

già provato dalla malaria e dalle gravi ferite infertegli dei sicari,

si avventurò, claudicante, verso Porto Ercole dove il 18 luglio

Michelangelo, La Pietà (1498-1499), marmo di Carrara, Basilica

Caravaggio, La Deposizione di Cristo (1602-1604),

olio su tela, Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano

del 1610, a neanche 39 anni, concluse la sua breve e tormentata

esistenza. Caravaggio a Roma arrivò con la sua pittura della

verità ma guardò anche e soprattutto a Michelangelo come si

evince dalla Deposizione, un Cristo nudo che sta per essere depositato

su quella pietra che ci osserva con il suo angolo. Cristo

sconfitto, giustiziato, i suoi amici e sua madre distrutti dalla

compassione eppure su questa sconfitta, su questa pietra scartata,

si fonderà la salvezza del genere umano. Caravaggio ce lo

racconta con una sinfonia drammatica: Maria di Cleofa urla la

sua disperazione, la Madonna è impietrita da un dolore agghiacciante

e in primo piano Giuseppe d’Arimatea che, probabilmente,

ha il volto di Pietro Vittrice a cui era dedicata la cappella ma è

inevitabile non notare un’impressionante somiglianza con il volto

di Michelangelo Buonarroti. Cristo, con il braccio abbandonato,

con la mano già annerita dalla morte nelle punte delle dita

mentre San Giovanni Battista, divorato dalle tenebre, cerca un

ultimo contatto con il Maestro: la luce squarcia l’ombra, la taglia

e dal loro conflitto scaturisce il “Vero Visibile”. La suprema bellezza

del corpo nudo, inevitabilmente porta alla Pietà esposta in

San Pietro che Michelangelo scolpì a soli 24 anni, nel 1499. Nella

Biblioteca Del Monte forse Caravaggio poté leggere uno stralcio

di ciò che Vasari nelle sue Vite scrisse a proposito di questa

scultura: «È un miracolo che un sasso, da principio senza forma

alcuna, si sia mai ridotto a quella perfezione». La descrizione

del Vasari e la vista di questa scultura deve aver ispirato Merisi

che nella sua tela non solo cita ma quasi entra in competizione

con Michelangelo e lo fa nella formidabile rappresentazione del

corpo di Cristo. Questa pala, adesso esposta nella pinacoteca

vaticana, un tempo era posta sopra l’altare della cappellina nuova

e quando il sacerdote alzava l’ostia consacrata al cielo questa

risultava perfettamente in asse con lo spigolo della pietra.

CARAVAGGIO E MICHELANGELO

51


I maestri della

architettura

A cura di

Margherita Blonska Ciardi

Adrienne Gorska e Tamara de Lempicka

Due sorelle alla conquista di Parigi negli anni Venti

di Margherita Blonska Ciardi / foto courtesy De Lempicka Estate

Conosciamo molte leggende su Tamara de Lempicka,

la celebre artista sorella di Adrienne Gorska (in polacco

Ada) che seppe affermarsi in Europa come regina

dell’art déco. Per lungo tempo, la figura di Adrienne è

stata messa in ombra della notorietà di Tamara, nonostante

quest’ultima abbia potuto studiare arte a Parigi proprio grazie

al supporto della sorella. Il primo dipinto di Tamara è un ritratto

di Adrienne eseguito nell’adolescenza: quest’opera ha fatto

scattare nella De Lempicka la passione per la pittura. Tuttavia,

Adrienne Gorska merita di essere ricordata non solo perché

grazie al suo amore fraterno oggi possiamo ammirare i

capolavori artistici di Tamara, ma anche perché lei stessa ha

conquistato Parigi negli anni Venti con la sua professionalità

e con il talento d’architetto. Ada e Tamara, due donne moderne

e competitive, provenivano da una famiglia di aristocratici e

intellettuali polacchi emigrati a Parigi in seguito alla rivoluzione

bolscevica. Le due sorelle, quasi coetanee (tra di loro correva

solo un anno di differenza), avevano un legame fortissimo e

in un certo senso si somigliavano per il fatto di avere entrambe

una personalità di donne determinate ed emancipate che

proprio per questo hanno saputo sviluppare al massimo le loro

capacità professionali. Adrienne era andata per prima a Parigi

Una poltrona progettata da Adrienne

per completare gli studi universitari all’École Spéciale d’Architecture

seguendo la cattedra di Robert Mallet-Stevens. È stata

tra le prime donne a conseguire la laurea in Architettura, considerata

all’epoca una disciplina prettamente maschile. In breve

Lo studio di Tamara a Parigi

52

SORELLE ALLA CONQUISTA DI PARIGI


Interno di un bar a Parigi (designer Adrienne Gorska)

tempo è riuscita a farsi conoscere ed apprezzare come ottima

progettista e designer d’interni, realizzando tanti ambienti

di impronta modernista e déco come la ristrutturazione della

casa rurale dell’editrice americana Barbara Harrison. Nel 1930,

in un articolo pubblicato sulla rivista specializzata The Architect

and Building News, Ada scrive: «Si potrebbe suggerire che

il modernismo sia stato spietato, persino brutale, e che questi

attributi siano maschili, ma abbiamo prove, in una serie di

sorprendenti interni moderni, che le donne stanno rispondendo

allo stesso modo all’impulso per l’espressione moderna».

Da questa affermazione, accanto alla competenza e alla competitività

professionale, emerge una figura femminile forte e

indipendente che con il suo lavoro ha divulgato ideali d’uguaglianza

tra uomini e donne. Nel 1934, sposa il collega architetto

Pierre de Montaut legato al Bauhaus, e insieme collaborano

nei due importanti studi Molinè e Nicod. Adrienne si specializza

nella progettazione di cinema e lavora per la famosa società

cinematografica Cineac. Sia Adrienne che Tamara si sono distinte

tra le donne del loro tempo per aver conquistato l’indipendenza

economica e la libertà che ne deriva. Le due sorelle

si vedevano spesso abitando entrambe a Parigi. Nei momenti

di dubbio, Tamara si rivolgeva sempre alla sorella, chiedendole

consigli e seguendo però dopo le sue personali e libere scelte.

Adrienne ha aiutato Tamara, prima che questa riuscisse ad affermarsi

come artista, nei momenti di maggior difficoltà, come

ad esempio il divorzio dal marito Tadeusz. Anche una volta arrivata

al successo, Tamara si è rivolta alla sorella Adrienne per

progettare il suo famoso atelier parigino: andavano tutti a vedere

e ad ammirare il suo studio in rue Méchain, dove il colore

grigio delle pareti era in sintonia con le idee moderniste e i pochi

arredi minimalisti disegnati da Adrienne e laccati di grigio

valorizzavano i colori dei quadri di Tamara. Oltre che sorelle,

sono state quindi due donne in carriera (cosa alquanto insolita

ai quei tempi) che hanno saputo conquistare la Parigi del Novecento

nel settore dell’arte e dell’architettura.

via Fratelli Rosselli, 8, 51010 Massa e Cozzile PT

tel 0572/79338

www.habimat.it/showrooms/habimat-caralli

SORELLE ALLA CONQUISTA DI PARIGI

53



A cura di

Margherita Blonska Ciardi

Nuove proposte dell’arte

contemporanea

Alma Sheik

Raffinati quadri astratti ispirati agli antichi mosaici esposti nella

mostra Aqvart a Venezia e alla Biennale di Firenze

di Margherita Blonska Ciardi

Alma Sheik, nata in Suriname e cresciuta in Olanda,

ha iniziato a dipingere fin dalla prima infanzia, seguendo

la sua vocazione con costanza ed impegno.

La sua pittura sincera ed appassionata rappresenta un vero

canto di gioia alla vita che riscontriamo nelle sue nature

morte e nei paesaggi, dipinti con cromie sgargianti che

rispecchiano la sua anima sudamericana e in cui l’artista

inconsciamente riporta sulle tele i colori della terra di origine.

Le sue prime opere sono colme di energia positiva per

la scelta di tonalità luminose e brillanti, che l’artista stende

sulle tele con pennellate spontanee e materiche. Mentre le

nature morte si riferiscono alle avanguardie del Novecento

come l’espressionismo di Paul Cézanne, le recenti opere

sono caratterizzate da una sempre più incisiva e personale

impronta stilistica. La sua pennellata unisce il puntinismo

francese all’antica tradizione del mosaico. Reinterpretando

le decorazioni e le pavimentazioni degli storici edifici termali,

l’artista le inserisce nelle sue composizioni semi-astrat-

te. In questo modo riesce ad unire il presente al passato,

creando una pittura raffinata che evoca quiete ed armonia.

Negli ultimi lavori i colori si fanno più delicati e la tavolozza

è ricca di tonalità pastello. La vita di Alma, piena di viaggi,

le ha permesso di esporre le proprie opere in giro per il

mondo – da New York presso l’Agorà Gallery alla Francia e

all’Olanda –, ricevendo numerosi premi e pubblicazioni. Dal

1994, abita e lavora a Lucca dove, circondata dalla straordinaria

bellezza della natura toscana, presso la sua fattoria

trova le fonti d’ispirazione e la luce perfetta per dipingere.

Recentemente le sue opere sono state esposte alla Scuola

Grande di San Teodoro a Venezia, dove, nella terza edizione

di Aqvart, ha ricevuto il Premio al Merito per la sua originale

impronta stilistica. Alma Sheik è stata convocata alla finale

del concorso Tamara Art Award ed esporrà due sue opere

all’evento dedicato a Tamara de Lempicka accanto alle opere

della celebre artista polacca. Organizzato dallo Studio

Artemisia in collaborazione con il De Lempicka Estate degli

Stati Uniti, l’evento si svolgerà presso la Fortezza da Basso

all’interno della Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea

di Firenze. Le Odalische danzanti di Alma Sheik presentate

in concorso raccontano l’eterno carisma femminile

esercitato attraverso le movenze della danza. La premiazione

dei vincitori si svolgerà in presenza di Iacopo Celona,

direttore artistico della Biennale, e Marisa Daporto de Lempicka,

pronipote della grande pittrice.

Polpo

Acqua

ALMA SHEIK

55


Giuliana Casi

Nel segno di Piero

Omaggio a Piero della Francesca, acrilico su tela, cm 50x70

Quest’opera si ispira al sogno di Costantino tratto dalla Storia della vera croce di Piero

della Francesca nell’abside della chiesa di San Francesco ad Arezzo. La tenda non

protegge il sonno di un guerriero ma i simboli della pittura pierfrancescana: l’uovo della

Pala di Brera, il libro dei Padri della Chiesa, il corallo rosso del Bambino Gesù, il vasetto

degli unguenti della Maddalena ed il trono dorato di Cosroe. Essere nati a Sansepolcro,

comporta una certa responsabilità.

[email protected]


A cura di

Stefano Marucci

Storia delle

religioni

Riflessioni sull’Enciclica di

papa Francesco Laudato Si’

Papa Francesco prende le distanze da chi, minimizzando

il rischio ambientale perché lo ritiene non certo o

non così grave, fa finta di non vedere o nutre la speranza

un po’ fatalista che i problemi si risolveranno da soli, magari

con la bacchetta magica della tecnica o del mercato. Il

pontefice, al contrario, usa un linguaggio allarmistico: se continuiamo

così, questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti

climatici inauditi, per cui le previsioni catastrofiche

non possono essere guardate con sufficienza o ironia. Di certo

in questo caso non si potrà dire che la Chiesa si è svegliata

tardi o non abbia avuto sguardo profetico. Francesco è consapevole

che, su questi temi, non è possibile pronunciare parole

definitive, nondimeno sente il dovere di far sentire forte la sua

voce in difesa della Terra. Pertanto non basta più solo preservare

e rispettare, è giunto il momento di riparare il nostro pianeta,

ripristinare la naturale bellezza e la biodiversità. Perché,

come afferma il tema della Giornata della terra che si è celebrata

il 22 aprile 2021, solo un pianeta sano è garanzia di sussistenza,

lavoro e salute per l’umanità. In sistemi alimentari

provocano l’80% di perdite di biodiversità ed è allarme allevamenti

intensivi. Di fronte, poi, ad un certo intorpidimento e ad

una “spensierata irresponsabilità” nell’uomo contemporaneo,

urge “creare un sistema normativo” per assicurare la protezione

degli ecosistemi. Il mondo è comunque il mondo dell’uodi

Valter Quagliarotti

2^ parte

mo, donato all’uomo e affidato alla sua custodia responsabile.

Anche se la crisi ecologica deriva proprio dal potere smodato

di utilizzo e di abuso che l’uomo esercita sulle cose create,

questo non significa equiparare tutti gli esseri viventi e togliere

all’uomo il suo valore peculiare. Il primato dell'uomo sulla creazione,

così chiaramente affermato dalla Bibbia va mantenuto.

Anzi, è una delle contraddizioni del movimento ecologico

quella di voler proteggere la terra più della vita e della dignità

della persona umana. Si situano in questo contesto i richiami

del Papa contro l’aborto, la cui giustificazione stride con la

difesa della natura e la riduzione forzosa della natalità. L’enciclica

sollecita a concepire la Terra come patria e l’umanità come

popolo che abita una casa comune. Ogni cristiano deve

diventare “sale della terra” nel senso di tradurre l’esistenza in

un atteggiamento di accoglienza, aprirsi a un dinamismo culturale

e sociale. Nell’enciclica il Papa chiede di fare i conti con

la crescita quantitativa dei poveri, aumentati vertiginosamente

a causa di questa pandemia; è connessa a questo aumento

anche l’estensione di nuove tipologie di disagio. Proteggere

l'ambiente naturale significa porsi questioni fondamentali sul

modo di produrre, consumare, abitare lo spazio e vivere nella

società. Prendersi cura della casa comune configura una grande

sfida per il futuro e chiede di recuperare un nuovo stile di

sobrietà che dia il segno di una riconversione etica profonda.

ENCICLICA DI PAPA FRANCESCO

57


Concerto in

salotto

A cura di

Giuseppe Fricelli

Quartetto Cetra, una lezione di polifonia

di Giuseppe Fricelli

Ascoltare i Cetra è ancora oggi per tutti noi una vera

gioia. Quello che affascina in tale complesso vocale

è la naturalezza con cui presenta ed esegue

le canzoni, nel pieno rispetto delle estensioni delle voci e

dell’architettura musicale. Tantissimi i brani divenuti famosi

nelle indimenticabili interpretazioni dei Cetra. Ritmo, fraseggio,

espressività, musicalità, intonazione, fan sì che questo

complesso sia paragonabile per abilità ad un vero quartetto

d’archi classico. In loro spiccano doti come intelligenza,

gusto, garbo, equilibrio vocale: il tutto fuso e concentrato

in una squisita polifonia, quattro voci eseguite simultaneamente

ed aventi una individualità più o meno pronunciata

a seconda delle esigenze della musica e del testo. I componenti

di questo magico quartetto erano: Lucia Mannucci,

Virgilio Savona, Felice Chiusano, Giovanni (Tata) Giacobetti.

Ebbi modo di conoscere personalmente sia la signora

Mannucci che suo marito Virgilio Savona: due persone

gentilissime. Lucia Mannucci aveva una deliziosa vocalità

accompagnata da una intonazione perfetta e da un gusto

musicale raro ed invidiabile. Virgilio Savona era l’anima del

quartetto. Possedeva una conoscenza profonda della pagina

musicale. Era un vero talento ed un ottimo musicista.

Famose le parodie realizzate in televisione dai quattro artisti:

piccoli capolavori nei quali i Cetra mettevano in risalto

le loro doti canore ed anche

di veri attori. Tantissime le canzoni

da loro incise, moltissimi i

programmi radiofonici e televisivi,

varie le loro partecipazioni

a film, riviste teatrali, doppiaggi

cinematografici e soprattutto

centinaia di concerti eseguiti

in tutto il mondo con trionfi di

pubblico e critica. Vi invito ad

ascoltare o riascoltare questo

magnifico ed unico nostro complesso

vocale, proverete grandi

emozioni e divertimento.

Il Quartetto Cetra

Nato nel 1948, Giuseppe Fricelli si è formato al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze diplomandosi

in Pianoforte con il massimo dei voti. Ha tenuto 2000 concerti come solista e

camerista in Italia, Europa, Giappone, Australia, Africa e Medio Oriente. Ha composto musiche

di scena per varie commedie e recital di prosa.È stato docente di pianoforte per 44 anni presso

i conservatori di Bolzano, Verona, Bologna e Firenze.

58

QUARTETTO CETRA


A cura di

Lorenzo Borghini

Il cinema

a casa

Il sale della terra

Wim Wenders incontra Sebastião Salgado

di Lorenzo Borghini

Il sale della terra è un progetto monumentale

nato dalla genesi tra le immagini del

regista Wim Wenders e quelle del fotografo

brasiliano Sebastião Salgado, un documentario

che ci mostra il nostro mondo in un

bianco e nero che svela un futuro incerto e un

presente da cambiare. Salgado ha girato ventisei

paesi, accompagnato sul campo dal figlio

Juliano Ribeiro – co-regista del film – omaggiando

la bellezza del pianeta attraverso i suoi

reportage ma anche i lati oscuri, quegli angoli

bui in cui domina la miseria, la guerra e l’avidità

dell’uomo. Avidità che ci mostra con sguardo

lucido immortalando milioni di minatori

della Serra Pelada, la più grande miniera a cielo

aperto del mondo, un El Dorado macchiato

di sangue, in cui uomini scavano, trasportano

chili d’oro sulla schiena e si accatastano gli

uni sugli altri come animali, sembra quasi che

nell’aria si respiri la legge del “chi si ferma è

perduto”. Un luogo senza tempo, o meglio un

luogo che il tempo lo attraversa in lungo e in

largo. Lo stesso Salgado ci confida il suo stupore

davanti alla Storia messa dentro un buco

che racchiude milioni di esistenze: «Quando

sono arrivato sul ciglio di questo immenso buco,

mi si è aperta davanti in una frazione di

secondo la storia dell’umanità, la storia della

costruzione delle piramidi, la torre di Babele,

le miniere di re Salomone». Ci mostra i pozzi

di petrolio incendiati in Medio Oriente come

scenari danteschi, con fiamme alte decine

di metri dai contorni ben definiti e in alto un

cielo intinto di nero che sa tanto di Apocalisse.

Apocalisse come quella di cui è testimone

in Rwanda. Mezzo milione di persone massacrate

da armi da fuoco, machete e bastoni chiodati. Un genocidio

che nel 1994 dimostra l’ennesima sconfitta dell’uomo

sull’uomo. Salgado rimane sconvolto da tutta questa brutalità,

decide di fuggire da questo mondo corroso dalla violenza,

dal denaro, dalla fame e dall’economia. Decide di andare

alla ricerca di posti incontaminati, luoghi in cui l’uomo non

ha preso il sopravvento, in cui la natura selvaggia è pura come

migliaia di anni fa. Intitola il progetto Genesi, e sarà l'unico

modo per ritrovare il contatto con il bello, l’odore dell’aria

com’era all’alba dei tempi e soprattutto ritrovare se stesso

e la fiducia ormai persa nel genere umano. Un viaggio durato

circa otto anni fra le foreste tropicali dell’Amazzonia, del

Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea, fra i ghiacciai

dell’Antartide e fra i deserti dell’Africa e dell’America; tutti

mondi in cui natura, animali ed esseri viventi vivono ancora

in equilibrio con l’ambiente. Tornato in Brasile – insieme alla

moglie – decide di abbandonare la fotografia per dedicarsi

ad un’opera di riforestazione nella propria terra, trasformando

in foresta equatoriale una larga area in via di estinzione. Lì

ha piantato decine di migliaia di alberi e la natura è tornata a

vivere. La lezione di Salgado ci insegna che il nostro mondo

è stato spinto al limite, è malato ma non morto e con impegno

e sudore è possibile salvarlo. Wim Wenders ha dichiarato:

«Un fotografo è letteralmente uno che disegna con la luce.

Un uomo che descrive e ridisegna il mondo con luci e ombre»

e Salgado incarna alla perfezione questa figura divina disegnando

una parabola del nostro mondo triste e sconsolata in

cui però la speranza è l’ultima a morire.

IL SALE DELLA TERRA

59


Giuliana Berteri

La pittura come esperienza emozionale

L'inizio, acrilico, stucco e carta su tela, cm 120x100

www.giulianaberteri.it

[email protected]

+ 39 347 2392409


Firenze

mostre

All’Auditorium al Duomo la collettiva

dell’associazione Napoli Nostra

di Jacopo Chiostri

La sala Giuliano Borselli dell’Auditorium al Duomo è stata

sede, lo scorso fine luglio, di un’importante mostra organizzata

dall’associazione Napoli Nostra. Titolo dell’esposizione,

cui hanno partecipato settantasei artisti, La scienza è il

futuro, l’arte l’eternità. Presenti le telecamere di Toscana TV, le cui

riprese sono state offerte nei giorni successivi agli spettatori di

Incontri con l’arte, lo storico appuntamento serale di Toscana TV

(è visibile ora su YouTube), l’esposizione è stata presentata da

Fabrizio Borghini e dal direttore artistico dell’associazione partenopea,

l’ingegnere Gennaro Corduas; un saluto a nome della Regione

Toscana è stato portato di persona dal governatore Eugenio

Giani. La ragione del titolo della mostra l’ha spiegata al pubblico

presente lo stesso Gennaro Corduas che ha affermato che oggi

più che mai dobbiamo affidarci alla scienza per superare il brutto

momento che stiamo traversando, ma al contempo non dobbiamo

perdere l’entusiasmo e lo stimolo per continuare a proporre e

diffondere la magia dell’arte che mantiene, come sempre è stato,

un’identità e una presenza nella nostra storia che va ben oltre il

contingente. L’associazione culturale Napoli Nostra, organizzazione

no profit, si occupa della promozione di eventi e studi a carattere

culturale. Lo scopo è quello di contribuire alla crescita morale e

sociale della popolazione. Oltre a mostre di pittura e grafica – realizzate

in Italia e all’estero – ha all’attivo importanti pubblicazioni

scientifiche di testi di storia dell’arte. Firenze e in particolare l’Auditorium,

dopo altre sedi in cui l’associazione ha portato gli artisti

soci, è stata scelta, come detto da Corduas, per la sua posizione

strategica. D’altra parte, nel suo intervento, proprio Fabrizio Borghini

ha evidenziato come la centralità della location a due passi

da piazza del Duomo, abbia offerto agli artisti in mostra una visibilità

senza pari anche da parte dei molti turisti presenti a Firenze.

Eugenio Giani invece si è soffermato sui punti di contatto a carattere

principalmente storico che ci sono stati, e ci sono, tra Napoli

e Firenze, un concetto ripreso anche da Borghini che ha ricordato,

a proposito del centenario, che si celebra quest’anno, della scom-

Un momento dell'inaugurazione: da sinistra, il presidente della Regione Toscana

Eugenio Giani, l'ingegnere Gennaro Corduas e il giornalista Fabrizio Borghini

parsa del grande Enrico Caruso “il più grande tenore di sempre”,

come questi, napoletano di nascita, nel 1904, reduce dai successi

della sua tournée americana, comprò proprio a Firenze Villa I

Pini, l’attuale Villa Gisella, dove visse fino alla morte. Proprio per

celebrare il legame tra Toscana e Campania nel nome di Caruso,

nel 2022 Napoli Nostra organizzerà una collettiva di artisti di entrambe

le regioni nella villa toscana residenza del noto tenore. Tra

le altre iniziative promosse dall'associazione vanno ricordate le

manifestazioni, patrocinate dal Comune di Napoli, in spazi espositivi

inusuali, quali la magnifica scalinata liberty Francesco D’Andrea

in via dei Mille, la splendida Galleria Umberto I, l’esposizione

al Museo Etnografico di San Pietroburgo, denominata Stagioni Italiane,

la recente all’Art Centre di Silkeborg Bad (Danimarca) e alla

Maison d’Italie – Cité Internationale Universitaire de Paris (Francia)

con una collettiva itinerante dal titolo Luci, colori e forme del

III Millennio. Tra le pubblicazioni notevole rilievo e successo ha

avuto il volume di storia dell’arte contemporanea Tra tradizione

e innovazione, pubblicazione a carattere scientifico. I settantasei

artisti in mostra a Firenze provenivano da molte delle regioni italiane

e tutti i generi pittorici conosciuti erano rappresentati, dal

figurativo all’informale, il concettuale, la pittura astratta e quella

simbolista, oltre a sculture e medaglistica. La mostra all’Auditorium

al Duomo ha accolto i visitatori fino al 2 di agosto.

Allocca Orlando

Balljana Carlo

Barisani Maria Michela

Bel Passo Rita

Belloi Franco

Bertelli Mirco

Bianco Lino

Bosco Danilo

Bubba Anna

Cacciatori Flavio

Calcinai Chiara Valentina

Candido Carmela

Catino Tina

Cesari Adelco “Varren”

Cherubini Giovanni

Cialone Domenico

Ciccarelli Nunzia

Cintelli Molteni Ermella

Coppi Maria Beatrice

Cristoni Enrico

Da Silva Zita Regina

De Cicco Mario

De Geronimo Antonio

Degano Emanuele

Di Leno Carmela

Digiovanni Sara

Fattore Michele

Ferruzzi Caruso Debora

Foresti Paolo

Fucina Paola

Fusari Giuliana Maddalena

Gennaccaro Angelo

Giannini Adriana

Guerrini Verena

Iacaruso Raffaele

Innocenti Furio

Kaluzhyna Liliia

Lacrimini Paolo

Maiorelli Fabrizio

Manfredelli Nicola

Marchiaro Paola

Mariani Francesco

Mariani Luigi

Mascioli Silvana

Maso Vania “Chiccalux”

Mauceri Giovanni

Mazza Stefania

Menghini Marzia

Mercati Anna

Mercogliano Annarita

Micheletto Susanna

Morante Marla

Nazer Fausto

Oria Gemma

Paccosi Angelo

Pacilli Adamo

Panichi Fausto

Pesci Fabrizio

Petrassi Fabio

Preda Valentina

Pubblici Lorella

Razza Pino

Remotti Renzo

Rodomonti Alef

Ruggeri Annamaria

Satta Maria Caterina

Schuchardt Ariane

Serra Pietro

Serratore Antonella

Sticco Anna

Susini Rita

Tardito Tiziana

Tissone Mariella

Trabuio Lionello

Verrina Lucia

Versetti Giorgio

Zompicchiatti Silvano

NAPOLI NOSTRA

61


Ritratti

d’artista

Vince

La materia in sintonia con il vissuto dell’artista

di Carmen Schipilliti

Vince, nome d’arte di Vincenzo Di Piazza, nasce il 25

giugno del 1960. La sua passione per l’arte ha inizio

nel 1990 come collezionista delle opere di artisti

di Pistoia, città che ha eletto come sua dimora e che lo vede

tuttora partecipe nella vita imprenditoriale. Col tempo, il

semplice interesse per l’arte è diventato il tramite che collega

la sua professione di impresario alla creazione artistica.

Partendo da una profonda conoscenza dei materiali, inizia

ad assemblarli e a farli convivere prima in maniera semplice,

poi sempre di più in modo articolato, fino a farli corrispondere

al suo ideale artistico. I primi esperimenti risalgono all’anno

2004 e si protraggono in maniera sporadica per alcuni

anni, senza una progettualità concreta, ma piuttosto con la

curiosità ed il piacere di chi prende confidenza con un nuovo

linguaggio ricercandone l’equilibrio cromatico. Le opere

di questi anni sono ben lontane dalla piena maturità artistica,

ma contengono il germe della sua produzione futura.

Solo nell’ottobre del 2015 decide di confrontarsi con l’opinione

del pubblico allestendo una mostra presso lo Spazio

Arte Pistoia, grazie alla quale attira l’attenzione dello scultore

romano Alessandro D’Ercole che firma anche la critica

del catalogo della mostra stessa. Incoraggiato dal successo

della prima personale, viene invitato ad esporre nuovamente,

nell’aprile del 2016, nella sua città, presso l’Art Gallery Arte

in San Biagino, dove accetta una nuova sfida: creare opere

di grandi dimensioni. Le sculture sono geometriche e pesanti,

con cavi di metallo, pannelli di legno e supporti di piombo

che la fanno da padroni. Nel febbraio 2016 riesce ad ottenere

visibilità in una delle città a lui più care dal punto di vista

artistico: Praga. Infatti, da giovane, residente per lavoro proprio

nella capitale ceca, si innamora della corrente del cubismo

cecoslovacco, amore tuttora ardente che continua ad

essere influente anche nella sua professione. Il 25 giugno

2016 crea il Post Industrial Atelier, sua base artistica personale

dove ospita anche collaborazioni ed eventi di altri artisti.

Nel settembre dello stesso anno inizia la collaborazione,

ancora oggi in corso, con la Galleria Merlino di Firenze, dove

viene apprezzato per le sue sculture. Il tratto caratteristico

della sua arte è la ricerca continua di materiali da plasmare

e a cui ridare nuova vita e dignità; ricerca che lo porta ad elevare

l’essenziale a vero oggetto del suo lavoro. Collocabili

nel filone dell’arte povera, nata negli anni Sessanta e ancora

oggi radicata in Italia, le sue creazioni sfruttano materiali del

quotidiano, dell’ambiente edile e di uso comune trasformandoli

e caricandoli di significati inaspettati e dandogli nuova

vita. Nei suoi lavori si può inoltre percepire l’influenza del cubismo

cecoslovacco risalente al periodo in cui in gioventù è

vissuto a Praga. Nelle sue produzioni vi è da una parte il superamento

del figurato e del figurativo, dall’altra la ricerca di

un punto centrale di fuga, un suono, un’energia dai quali le li-

Senza titolo, tecnica mista su lamiera con cornice di metallo, cm 101x65

nee compositive, più o meno visibili, si dipartono per cercare

verso l’esterno della composizione, oltre i bordi della tela

o del supporto, nuove possibili architetture o sistemi. Il colore

si aggrega al resto della composizione in modo materico,

mostrando in quasi tutte le opere una patina di fondo

tesa a rappresentare il campo di azione sul quale va ad inserirsi

il materiale al momento più sentito ed empaticamente

desiderato perché in totale sintonia col vissuto dell’artista.

Vince vive, opera e si immedesima nella materia, che spesso

appare uniforme senza esserlo, poiché il colore si addensa

sul colore, virando in mille diversi riflessi, su una sola

tonalità di base, volendo mantenere una sorta di uniformità

e coerenza timbrica; poi l’insieme aumenta in un crescendo

costante attraverso l’aggiunta di materiali sempre più consistenti

e rigidi.

[email protected]

62

VINCE


Ritratti

d’artista

Barbara Briccolani

Le tante anime di un’artista poliedrica

di Jacopo Chiostri

Artista per professione e per passione, Barbara Briccolani

dipinge, affresca, restaura e crea opere in ceramica.

Vive a Marradi, in una casa-atelier, e lavora in

proprio occupandosi di tante cose, decorazioni murali e su legno,

affreschi, restauro, conservazione e recupero di manufatti

lapidei e lignei e di dipinti su tela e su tavola; alla pittura

si dedica prevalentemente come attività privata. All’origine

del suo lavoro, così duttile e multiforme, c’è una solida preparazione

che risale agli studi presso l’Istituto Ballardini di

Faenza dove si è diplomata Maestra d’arte nella sezione Ceramica,

al successivo perfezionamento e specializzazione in

Arte della maiolica, poi all’esperienza lavorativa alle dipendenze

di una ditta, specializzata in restauro e conservazione,

durata circa vent’anni, fino al 2007; dopo di allora, come

accennato, la Briccolani ha optato per la libera professione,

che svolge tuttora. Molti e importanti i suoi lavori. I primi li

realizzò, forte degli studi sulla ceramica, avvalendosi di una

tecnica di una certa complessità: la ceramica a terzo fuoco,

considerata un vero e proprio comparto scientifico e utilizzata

in genere dalla grande industria. A metà anni Ottanta un

lavoro in ceramica, innovativo sia dal punto di vista formale

che fattuale, le valse il primo premio ai Magazzini del Sale

a Cervia: l’opera era un cono in ceramica intitolato Decal “coni”

mania. Artista moderna, la Briccolani è però saldamente

ancorata alla classicità, che ha studiato e che influenza con

forza i suoi lavori. A questo proposito, tra i molti esempi che

si possono fare, vanno ricordati un’Annunciazione del 1995,

eseguita su intonaco all’interno di una torretta, e una splendi-

Presente e ricordi (2012), tecnica mista su tela, cm 29x45

da Madonna degli Archiroli realizzata nel 2007 su intonaco a

secco in un tabernacolo; entrambe le opere si trovano a Marradi,

paese di adozione dell’artista, che vi risiede fin da giovane

dopo essere vissuta in Garfagnana dove è stata concepita

e dove la famiglia si era trasferita dalla natia Premilcuore

(provincia di Forlì) per motivi di lavoro del padre, guardia forestale.

Il lavoro forse più importante eseguito a oggi dalla

Briccolani – certo il più impegnativo – è però l’affresco all’interno

del paretaio di proprietà della famiglia Camporesi-Servetti

a Galeata. Alla Briccolani è stato affidato l’affresco della

sala nobile. I lavori, disseminati tra il soffitto e il camino, raffigurano

lo stemma baronale della famiglia Servetti, l’uomo

vitruviano di Leonardo, scelto come simbolo umanista e di

fratellanza, e decine di uccelli canori, fedelmente riprodotti

e ciascuno accompagnato dal suo nome in latino, italiano e

dialetto romagnolo: una meraviglia di colori armonici, di grazia

compositiva e di così tanta vivacità che il visitatore quasi

si aspetta di vedere gli uccelli staccarsi dal soffitto e svolazzare

cinguettando. Nella sua casa, con i soffitti com’è ovvio

finemente decorati, sono raccolti i quadri. I soggetti sono

classici e in ogni caso senza tempo, e questo sia che si tratti

di soggetti religiosi che di paesaggi, di un vaso con ciliegie

– la cui luce denota capacità pittorica di grande qualità

– oppure di un vassoio con frutta, di un ritratto di bambina o

di un autoritratto. Per la sua pittura, l’artista ricerca supporti

meno comuni, quindi non sempre la classica tela, piuttosto

cartoni telati e supporti che ricordino le superfici murarie oggetto

delle sue decorazioni e affreschi. Sono lavori minuziosi

nei dettagli, talvolta perfino

miniaturizzati com’è

una composizione denominata

Paesaggi dove in

uno spazio di meno di

un metro per poco più di

mezzo, compaiono più di

trenta piccoli scorci paesaggisti,

noti e non, e come

nell’opera Pirghino

e gli altri animali, di dimensioni

ancora minori,

dove gli animali rappresentati

sono ben oltre i

cento. La Briccolani è in

movimento continuo, sta

dipingendo una meridiana

sul muro esterno di

casa e l’abbiamo lasciata

a Faenza impegnata in

un dipinto su tavola.

BARBARA BRICCOLANI

63


Nuove proposte dell’arte

contemporanea

A cura di

Margherita Blonska Ciardi

Michal Ashkenasi e Stephanie Holznecht

Entrambe protagoniste dell’appuntamento espositivo Aqvart a Venezia

di Margherita Blonska Ciardi

La terza edizione di Aqvart continua a distinguersi

nella scaletta degli eventi culturali della città di

Venezia. La mostra ha radunato diversi artisti internazionali

che si esprimono con le proprie tecniche su tematiche

ambientali sottolineando l’importanza dell’acqua.

Quest’anno la cerimonia d’apertura è stata ispirata da un’idea

di Julia Ciardi che, insieme alla scuola di danza diretta

dalla professoressa Marina Prando, ha sviluppato una coreografia

per esprimere solidarietà alle donne di Kabul. La

figura della donna infatti è fondamentale per la vita dell’umanità

quanto lo è l’acqua e per questo va rispettata ed

onorata. Il mare, con il movimento delle onde, allude all’alternarsi

del bene e del male così come, in maniera altrettanto

alterna, le donne nel mondo conquistano e perdono i

propri diritti. La danza d’apertura, accompagnata dal brano

Silence di Beethoven, ha ripreso con movimenti sinusoidali

del velo le onde della laguna, dalle quali le ballerine, avvol-

Stephanie Holznecht, Forget me not

Michal Ashkenasi, opera della serie Sculture d'Acqua

te in un telo azzurro, hanno cercato di liberarsi. Le stesse

tematiche possiamo trovarle nei lavori di Michal Ashkenasi

e Stephanie Holznecht, due artiste sempre presenti ad ogni

edizione di AqvArt. L’israeliana Michal Ashkenasi, con la sua

innovativa tecnica di computer art chiamata “multifusion”,

ha presentato una serie di quadri intitolati Sculture d’Acqua,

in cui cerca di catturare la bellezza dei vortici e lo scintillare

dei colori che alludono ai vetri di Murano. La tela presentata

dall’artista americana Stephanie Holznecht intitolata Forget

me not (Non ti scordare di me) è un’opera astratta che esprime

la lotta delle donne per le pari opportunità, mentre il vortice

dalle sfumature rosso-arancioni rappresenta l’energia

della loro protesta. Le donne sono ancora oggi penalizzate

anche nei paesi sviluppati, dove in ambito professionale

vengono pagate meno dei loro colleghi maschi. È ormai risaputo

che la donna, per ottenere il successo professionale,

deve dimostrare molte più capacità dell’uomo, andando

spesso incontro a casi di mobbing

e stalking prima di arrivare

ad una posizione di rilievo. Lo

scorso anno, Michal Ashkenasi

e Stephanie Holznecht hanno ricevuto

il Premio di merito per la

loro ricerca artistica ed entrambe

parteciperanno nel prossimo

mese di ottobre alla Biennale

d’Arte Contemporanea di Firenze

nell’ambito dell’evento dedicato

alla memoria di Tamara de

Lempicka.

Cesare Triaca

L’affermazione della

tradizione artistica lombarda

di Margherita Blonska Ciardi

Cesare Triaca, Velieri sul lago di Como

Altro artista presente ad Aqvart è Cesare Triaca, premiato nell’edizione

della manifestazione nel 2020. Le sue tele rimangono fedeli alla

tradizione artistica dell’Ottocento nella quale l’elemento dell’acqua

spesso domina il paesaggio. L’artista e restauratore lombardo cattura la bellezza

delle vedute del lago di Como con i velieri e le barche. Nei suoi quadri

sembra di sentire la voce dell’acqua e il soffio del vento, con le vele che si piegano

sotto la sua forza, suggerendo un’atmosfera di rilassatezza e serenità.

64

AQVART A VENEZIA


Eventi in

Italia

Aqvart 2021

Giunta quest’anno alla terza edizione, la rassegna di arte contemporanea

internazionale si conferma tra gli eventi culturali di punta della città di Venezia

Testo e foto di Margherita Blonska Ciardi

Anche quest’anno, la terza edizione di Aqvart a Venezia

ha radunato artisti internazionali venuti personalmente

alla rassegna dedicata al rapporto tra l’elemento

dell’acqua e l’arte. La manifestazione si è aperta ricordando

l’architetto e scultore veneto Gianni Arico da poco scomparso.

Il suo contributo è stato fondamentale per organizzare la

prima edizione di Aqvart nel 2019, alla quale ha partecipato

come ospite d’onore con le sue opere in vetro. Lo Studio Artemisia

ha voluto assegnare il premio alla carriera a questo maestro

della scultura che, oltre ad eseguire in bronzo e vetro la

decorazione della facciata del Teatro Goldoni, si è distinto per

la realizzazione di sculture dedicate alla memoria di Vivaldi

che oggi sono collocate nelle piazze di città importanti come

Venezia, Vienna e Miami. Arico era a conoscenza del premio

che gli sarebbe stato assegnato e ne era molto soddisfatto.

A seguito della sua scomparsa, è stato il figlio Stefano a ritirare

il riconoscimento al posto suo, alla presenza della consigliera

comunale e vicepresidente della Commissione Cultura

Deborah Onisto, della Guardian Grande Roberta Di Mambro,

della segretaria della Scuola Grande di San Teodoro Monica

Baratella e dell’architetto Bruno Lambiase. A questa edizione

di Aqvart hanno partecipato, insieme ad artisti che da sempre

aderiscono all’iniziativa come Jorge Goncalves Romero, Stephanie

Holznecht, Michal Ashkenasi e Cesare Triaca, anche

diversi nuovi artisti provenienti da Francia, Inghilterra, Emirati

Arabi e Polonia. Molto interesse hanno riscosso le tele dai colori

intensi del decano dell’Università delle Belle Arti di Bialystok,

il professor Erest Zawada, le cui opere sono dedicate al

concetto di energia rappresentata sia come frequenza delle

onde elettromagnetiche che come gamma di luce che si infrange

percorrendo l’infinito universo di sfumature dell’arcobaleno.

Kim Oberoi, artista di origine indiana che vive e lavora

a Dubai, ha sorpreso invece con i suoi preziosi lavori che uniscono

l’arte ornamentale calligrafica alla meditazione. Le sue

opere Destination e Balance, esposte in mostra ed eseguite

con la tecnica dell’acquarello mista a colori acrilici e pigmenti

estratti dal caffè, fanno parte della serie usata dall’artista

per fare arteterapia. Gli acquarelli della pittrice inglese proveniente

da Oxford Diana Archer rivelano il fascino antico delle

nobildonne veneziane del Settecento, con i volti coperti da

maschere e pose seducenti che esercitano un fascino misterioso.

Le Vibrazioni di Mariagrazia Zanetti, artista di Novara,

trasmettono una soave atmosfera coloristica creata dal connubio

tra realtà e immaginazione. Le onde dell’astrattista belga

Christine Hilarius alludono all’infinità di sfumature e al

movimento dell’acqua. I nuovi lavori presentati questo anno

dall’olandese Alma Sheik riprendono le tonalità rosa antico

ed ocra delle storiche pavimentazioni a mosaico delle chiese

venete. Ricorrendo alla particolare tecnica del puntinismo,

l’artista fa vibrare il colore

trasmettendo emozioni che

uniscono l’antico con particolari

ispirati alla natura. Nei

quadri astratto-naturalistici

del francese Xavier Caudron

possiamo ammirare

esplosioni di colore intenso

e saturo con le quali l’artista

denuncia l’azione distruttiva

dell’uomo ai danni dell’ambiente.

David Schab, artista

polacco residente a Bristol,

ha esposto le sue nature

morte di impronta fauve, in Un momento del ballo di apertura

cui si serve della prospettiva

incrociata per ottenere un

della manifestazione

effetto decorativo e cromaticamente sgargiante che evoca felicità

e gioia di vivere. Lo vediamo nell’opera La tavola d’artista

dove ogni particolare vuole esprimere bellezza. Secondo

l’artista, la felicita è presente in ogni momento della nostra vita,

dobbiamo solo saperla riconoscere: così possiamo essere

felici anche bevendo il caffè dentro una tazza colorata oppure

mangiando un frutto mentre stiamo lavorando. Ha suscitato

grande scalpore l’installazione dello svedese Fredrik Olsen in

cui varie tonalità di verde contrastano con tele color argento

metallico per rappresentare la sottrazione del suolo alla natura

a causa della sempre maggiore espansione urbana. Molto

originali i quadri della professoressa di Educazione artistica

all’Università di Cracovia Kinga Lapot Dzierwa, che appartengono

ad una serie dedicata alla donna e colpiscono per l’intensità

delle spatolate materiche di rosso e la stilizzazione in

stile Modigliani della figura femminile che diventa icona del

mistero e del glamour della donna. Dopo la mostra a Venezia,

le opere di Kinga Lapot Dzierwa saranno a Firenze per partecipare

all’evento Tamara Art Award che avrà luogo nell’ultima

settimana di ottobre presso la Fortezza da Basso nell’ambito

della XIII edizione della Biennale di Firenze. L’evento è collegato

ad una conferenza e ad una mostra delle serigrafie originali

di Tamara de Lempicka. Tra gli artisti presenti quest’anno

ad Aqvart anche lo scenografo e pittore inglese Michal Henry

Ferrell, con opere dedicate alle ambientazioni del mercato

del pesce di Venezia: un’anteprima della sua mostra personale

che avrà luogo alla Scuola Grande di San Teodoro a maggio

del 2022 e che sarà dedicata agli scorci della città lagunare. Il

successo dell’edizione Aqvart 2021 è stato legato anche alla

preziosa collaborazione con la scuola di danza della professoressa

Marina Prando e con lo staff di esperti del video e del

suono AFS di Andrea Furlanetto.

AQVART 2021

65


Ritratti

d’artista

Stefania Silvari

Un’artista dall’innata capacità interpretativa

di Doretta Boretti

Quando la memoria e il dolore

si vestono di luce e di vita nasce

la pittura di Stefania Silvari.

Stefania è una docente che

ama il rapporto con i giovani ai quali

comunica le proprie conoscenze e

il suo entusiasmante e reale senso di

compiutezza. Le sue opere non sono

mai banali e sono frutto di una perseverante

ricerca che richiede molta determinazione,

attenzione e tempo. Nasce

così un dialogo tra colori, spazi, linee,

che si incontrano nel dipanarsi di accurate

pennellate e, in quell’equilibrio

tra pensiero e gesto, donano all’occhio

dell’osservatore emozioni di vera gioia

e stimolano, con vigore, ad una attenta

e accurata riflessione. Dalla sua

giovinezza ad oggi, nell’evolversi della

sua pittura, il colore e la forma hanno

trovato, nelle opere di questi ultimi

anni, il loro equilibrio. Stefania Silvari,

adesso, è libera, grazie anche alla sua

Musica gitana 2

Sky 2

66

STEFANIA SILVARI


L'abbondanza

Tango

Femminile

innata creatività e capacità interpretativa

di creare manifesti

per svariati eventi, illustrare libri

di racconti e di poesie, libera

di dipingere splendidi quadri

riconosciuti con pregevoli premi,

in un tutt’uno che fa di lei

un’artista veramente unica nel

suo genere e, plasmata dalla

vita reale, un’artista vera. Una

delle sue ultime opere intitolata

Musica gitana, opera grafica

orientale (figurativa), ha

aperto il concerto al Grey Cat

Jazz Festival il 18 agosto scorso,

concerto con quattro musicisti

internazionali (Cantini,

Bonaccorso, Salis e Drake).

L’opera ha ottenuto un enorme

successo e non poteva essere

altrimenti perché questa artista,

così ricca di femminilità,

ha conservato in sé quella intrigante

voglia di fare esperienze

sempre più innovative e originali,

tali da portarla a raggiungere

anche traguardi a volte

inaspettati.

STEFANIA SILVARI

67


Eccellenze toscane

in Cina

A cura di

Michele Taccetti

Le politiche di internazionalizzazione

nell’era post Covid

di Michele Taccetti

Nell’era del post Covid, le imprese saranno costrette a

considerare nuove strategie di internazionalizzazione.

Il virus, che ancora blocca l’accesso di uomini e

limita la circolazione di merci in alcuni paesi, ha messo a nudo

tutta la debolezza di un mercato globale internazionale basato

sulla massiccia e rapida circolazione di merci, tanto da

perderne l’origine o il valore aggiunto legato alla provenienza,

tutto in nome della logica del profitto. Anche il movimento di

persone ha visto un brusco ridimensionamento ed ha aperto

a riflessioni che prima non si facevano, forse imbrigliati dall’isterismo

del muoversi comunque. Il turismo ha subito un brusco

stop. Paesi come l’Italia si basavano su numeri enormi

di incoming straniero, ai quali però non sempre corrispondevano

i ritorni economici sperati, poiché spesso questa massa

si muoveva troppo rapidamente da un luogo ad un altro e

con logiche low cost che poco lasciavano al territorio. Il Covid

ha avuto il merito di far riscoprire l’Italia agli italiani che si

sono così accorti che talvolta mete lontane e disagiate non

sono belle ed economiche quanto le località del proprio paese.

Se dal punto di vista del tempo libero il Covid ci ha costretti

a conoscere meglio i nostri territori e a riscoprire mete

locali, dal punto di vista commerciale la questione cambia. In

certi paesi non è stato possibile presenziare a fiere ed eventi

promozionali, organizzare incontri, invitare potenziali partner

commerciali o buyer, e questo ha senza dubbio penalizzato

la promozione e l’export dei nostri prodotti soprattutto in quei

mercati dove si rende necessaria un’adeguata presentazione

della cultura e del lifestyle dei territori dove i prodotti hanno

origine. Ma anche in questo caso, seppur in modo altamente

traumatico, il Covid, con il suo isolamento forzato, ci ha fatto

capire quanto sia importante un’attenta ed oculata strategia

ed una seria programmazione dell’azione di internazionalizzazione.

Troppo spesso la facilità di spostarsi, organizzandosi

anche in tempi brevi, hanno spinto le aziende a partecipare

ad eventi e fiere o missioni nei nuovi mercati sull’onda della

curiosità e dell’apparente low cost senza effettuare una preventiva

ricerca e studio e, soprattutto, senza pensare a come

poter gestire le opportunità che si venivano a creare da questi

viaggi. Il Covid ci ha fatto capire che molti incontri e fiere,

soprattutto nei nuovi mercati, potevano essere evitati o sostituiti

da incontri online. Ma soprattutto ci ha fatto capire che

affrontare un nuovo mercato lontano necessita di una base

operativa diretta in loco. La Cina, ad esempio, registra sin da

oltre un anno pochissimi casi di Covid grazie anche ad un rigido

controllo dell’incoming straniero che è scoraggiato dal

visitare il grande “Paese di Mezzo” per la difficoltà di ottenere

visti, trovare voli e per le politiche di quarantena che allungano

i tempi di accesso e permanenza. Il mercato interno,

tuttavia, è rimasto molto attivo e la merce circola

senza problemi, anche quella di importazione.

Le fiere sono molte e sono sia online che offline.

Le piattaforme informatiche si sono moltiplicate.

Il mercato e-commerce, già ben sviluppato

negli ultimi anni, ha avuto una forte crescita con

la pandemia. Le aziende straniere che negli anni

hanno investito creando relazioni solide e proprie

strutture sono quelle che hanno retto all’urto

del virus e talvolta hanno visto rafforzata la loro

presenza sul mercato. Questa terribile piaga

ci insegna ancora una volta che credere e scommettere

su un mercato vuol dire programmazione,

visione a medio e lungo termine e creazione

di strutture proprie che possano controllare, monitorare

e sviluppare opportunità di business in

modo graduale e meno rischioso.

Amministratore unico di China 2000 SRL e consulente per il

Ministero dello Sviluppo Economico, esperto di scambi economici

Italia-Cina, svolge attività di formazione in materia di

marketing ed internazionalizzazione.

[email protected]

China 2000 srl

@Michele Taccetti

taccetti_dr_michele

Michele Taccetti

68

POLITICHE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE


A cura di

Lucia Petraroli

Il super tifoso

viola

Claudio Desolati

L’opinione dell’ex attaccante viola

sul nuovo ciclo targato Italiano

di Lucia Petraroli

Ex attaccante viola, Claudio Desolati ha trascorso ben

dieci anni a Firenze (1971-1981). Ha esordito proprio

con la maglia viola alla tenera età di 17 anni, disputando

dieci campionati con 152 presenze in serie A e 43 reti. Con la

Fiorentina ha vinto la storica Coppa Italia del 1974. È uno dei più

prolifici cannonieri gigliati. Con lui ci siamo interrogati sul nuovo

ciclo targato Italiano.

Come giudica la scelta di Italiano sulla panchina viola?

Il calcio d’estate inganna. Bisogna aspettare il campionato per

capire bene. È un buon allenatore, sa mettere in campo le sue

squadre. È un tecnico molto schietto con la squadra e questo è

un bene. Se funzioni giochi, sennò stai in panchina.

Di cosa necessita questa squadra dopo anni difficili?

Innanzitutto bisogna sfoltire la rosa. Deciderà poi l’allenatore su

chi puntare. Di sicuro occorrono idee nuove e un cambio di passo

dopo anni tristi. Credo che Italiano possa portare aria nuova.

Come valuta l’attacco?

Allo Spezia, Italiano ha fatto buone cose, dovrà puntare sui suoi

fedelissimi, dargli fiducia, così da garantire il miglior rendimento.

Cosa si aspetta dalla gestione Commisso?

Commisso è un ottimo comandante ma il calcio è diverso

rispetto al suo settore. Si può anche avere la possibilità di

spendere soldi ma non sempre si riesce ad avere risultati. Bisognerà

individuare e puntare sugli elementi giusti per non

sbagliare un’altra annata.

Burdisso affiancato a Pradè: è una buona scelta?

I risultati non sono arrivati, non è facile oggi, non sempre trovi

giocatori adatti al gioco che ti serve. La vicenda Ribery mi

ha fatto molto pensare, a mio avviso un grande sbaglio. Io

non avrei preso mai né lui né Callejon, avrei puntato fin da

subito su profili giovani. Va bene il campione ma devi anche

pensare al futuro. Quel tipo di giocatore non può darti più di

quello che dà, sono soldi sprecati.

Caso Antognoni?

Mi dispiace molto. È un grande campione. C’è stata leggerezza

sulla vicenda. Si è rimandato molto, non c’è stata chiarezza.

Non puoi offrire ad un personaggio del genere un ruolo

Claudio Desolati in maglia viola

nel settore giovanile, è squalificante. L’assenza di bandiere

oggi peserà molto. Vedi anche Dainelli, Donadel, Buso, etc..

Ci vuole rispetto per la persona. Cambiando sempre dirigenti

non arrivi a nulla; devi creare un ciclo, affidarti a delle persone

e crederci, altrimenti i risultati non arrivano.

Quali differenze tra questa e la sua Fiorentina?

Il calcio è molto cambiato proprio nello stesso gioco giocato.

Si gioca a zona, non ci sono più marcatori e difensori veri,

per esempio. Noi in rosa eravamo tutti italiani, ci conoscevamo

già tutti, c’erano altri valori. Oggi si cambia squadra ogni

anno, non c’è più attaccamento alla maglia. Non si gioca per

la squadra ma per il singolo. Tutti cercano di fare gol, non c’è

più il passaggio al compagno. Non ci sono più gli Antognoni

e i Rivera.

Il ricordo più bello in maglia viola?

Ho passato dieci anni bellissimi a Firenze, ho giocato con

grandi campioni come De Sisti, Merlo, Ferrante. Sapevamo

già come giocavamo, ci

si esaltava tra noi, eravamo

un gruppo. Giocavamo per la

squadra.

CLAUDIO DESOLATI

69


Toscana

a tavola

A cura di

Franco Tozzi

Le uova: un classico intramontabile in cucina

di Franco Tozzi

Questo mese presentiamo due ricette a base di uova,

due piatti che sul buffet dell’Accademia hanno poca

vita. Il primo è una frittata con un’erba facile da

trovare nei campi (non sui bordi stradali…), la borragine,

della quale si usano anche i fiori assai decorativi. La

seconda è una specie di tortino, un po’ più complicato per la

preparazione, ma assai gustoso, specialmente se il burro ed

il taleggio sono un “ricordo” delle recenti ferie in montagna.

Accademia del Coccio

Lungarno Buozzi, 53

Ponte a Signa

50055 Lastra a Signa (FI)

+ 39 334 380 22 29

www.accademiadelcoccio.it

[email protected]

Frittata di borragine

Ingredienti:

- 8 uova

- un etto di cipolline bianche

- un bel mazzo di foglie di borragine (all’incirca la dimensione è quella di due mazzi di bietole che si comprano al mercato)

con tutti i fiori

- mezzo bicchiere di olio “bono”

- sale e pepe q. b.

Per raccogliere la borragine e per lavorarla occorre munirsi

di guanti anche leggeri, perché ha gli aculei come

l’ortica anche se è meno fastidiosa. Dopo averla raccolta,

levare tutti i fiorellini e metterli da parte. Tagliare finemente

le cipolline, metterle in padella con l’olio e farle

appassire; successivamente aggiungere le foglie di borragine

dopo averle leggermente scottate (un tuffo e via)

così da poter usare anche le foglie più grandi. Appena

cominciano a prendere calore, versare le uova sbattute

e condite con sale e pepe, girare il tutto e fare rapprendere.

Al momento giusto, girare la frittata in modo che

venga ben cotta da entrambe le parti. Metterla sul vassoio

di portata dopo averla tagliata a spicchi; a questo

punto spandere i fiori sulla frittata e servire. È buona anche

fredda, ma i fiori, nel caso, dovranno essere aggiunti

al momento del servizio.

Uova alle verdure

Ingredienti:

- 8 uova

- un etto di taleggio

- 3 carote

- 3 gambi di sedano

- 2 carciofi

- un cespo di radicchio rosso

- mezzo bicchiere di olio

- burro

- sale e pepe q. b.

Saltare in padella, con metà olio, le verdure fatte a pezzettini,

mentre il radicchio rosso, che ha bisogno di una cottura

più lunga, una volta fatto a striscioline, sarà messo

a cuocere in un’altra padella con il restante olio; una volta

che le verdure saranno cotte, unirle insieme e lasciarle

riposare. Prendere delle ciotoline da forno e sistemarci

le verdure sul fondo e sui lati, lasciando lo spazio per le

uova, uova che andranno prima cotte “in camicia” e poi

sistemate al centro delle ciotoline. Tagliare il taleggio a

fettine sottili e appoggiarle sulle uova, poi tutto in forno

a gratinare. Questo piatto va mangiato caldo, con il formaggio

che fonde.

70 LE UOVA


A cura di

Manuela Ambrosini

Di-segni

astrologici

Vergine

Un segno connesso con la

terra e con il benessere

di Manuela Ambrosini

Il senso del ritmo ordinato e pacato disegna la tua quotidianità

e la tua pace. Vergine, tu stai bene quando le

cose dentro e fuori di te sono funzionali e precise. Non

si tratta solo di stabilire un contatto con ciò che è ordinario

e consueto, cosa che ti infonde serenità, ma anche di

scorgere tutto quello che è “stonato” rispetto all’andamento

regolare delle cose. Quindi, in poche parole, hai un’eccellente

propensione a riparare oggetti, alle qualità che

afferiscono al senso del tempo, alla semplicità dell’essere

e del divenire cadenzato nella giornata, nella settimana

e nel mese. Il tuo pianeta governatore, nel mio metodo, il

pianeta Y, oggi identificato con Sedna, ti conferisce il compito

di custodire l’ordine planetario. Tu sei il re/la regina

dei sistemi e mantenerne l’esistenza efficiente ed efficace

è parte della tua essenza ed espressione nel mondo. Mi

riferisco alla semplicità e alla continuità del movimento

planetario che incede inesorabile e instancabilmente sempre

uguale nei secoli dei secoli. Questa capacità del moto

sempiterno allude alla tua missione universale, comunque

Walter Valentini, Nel cielo (1), puntasecca con retouche a foglia oro, cm 149,5x79,5

Opera acquistabile presso:

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Salvatore Sardisco, Vergine - Linearismo continuo (2020), cm 24x33

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tu la voglia narrare nella tua vita. Sei connessa con la terra

e il benessere che viene dal condurre una vita sana, ricca

di valori ecologici e piena di bellezza, quella che

viene dallo star bene più che dalla cura estetica. Sei

un ottimo ricercatore della verità, non solo perché ci

si può fidare di te, ma anche perché hai metodo. Infatti,

quando dici una cosa, sei abile a camminare

nelle tue parole, a corrispondere a ciò che hai promesso.

Allo stesso tempo il tuo fare, organizzato e

ritmato in modo eccellente, ti permette di diventare

autore di metodi o esecutore eccezionale di procedimenti

realizzati da altri. Diciamo che sei un ottimo

braccio destro e puoi contribuire notevolmente alla

conservazione delle cose e degli spazi. L’aspetto

ombra che incombe su di te: il giudizio, la critica e la

rigidità. Fai attenzione a mantenerti allenato/a sulla

flessibilità, specialmente in ambiti su cui avverti

di entrare, facilmente, in meccanismi forzati. Se

dovessi entrare in un cerchio di amicizie o colleghi

tieni presente che sarai il collante, ma nessuno se

ne renderà davvero conto. Sei maestra/o di umiltà e

compassione, quando sei allineato/a con te stesso.

Astrologa, professional counselor, facilitatrice in costellazioni

familiari, è fondatrice del metodo di crescita personale Oasi di

Luce e insegnante di Hatha Yoga. Vive e lavora a Monsummano

Terme, effettua incontri individuali di lettura del tema natale astrologico

e di counseling ed è insegnante del corso online di astrologia

umanistica Eroi di Luce.

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Solisjoy

Manuela coccole per l’anima

VERGINE

71


Mauro Mari Maris

I colori dell’interiorità

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Percorsi d’arte

in Toscana

Il tabernacolo di via dell’Arcolaio a Firenze

Un piccolo gioiello da recuperare

Testo e foto di Doretta Boretti

Se agli abitanti del Quartiere 2, a Firenze, venisse chiesto

dov’è il “tabernacolo”, così erroneamente chiamato,

di via dell’Arcolaio, molti saprebbero fornire

correttamente le indicazioni stradali. Se la stessa domanda,

invece, venisse posta ad un abitante di altre zone, scopriremmo

che pochissimi ne conoscono l’esistenza. Ma se

per caso, come spesso succede, qualche persona, passando

da via dell’Arcolaio, lo vede, se ne innamora all’istante e la

Il tabernacolo di via dell'Arcolaio a Firenze

prima domanda che si pone è: «Perché è così trascurato?».

Dalle non facili ricerche effettuate si evince che il “tabernacolo”

fu voluto da Baccio Bandinelli nel XVI secolo e forse fu

costruito su uno precedentemente eretto in ricordo delle numerose

vittime della peste del 1348, proprio nel luogo dove

c’era stato un lazzaretto. Fatto è che, dopo varie vicissitudini

nei secoli, oggi, se lo possiamo ancora ammirare, lo dobbiamo,

in gran parte, ad un comitato per l’estetica cittadina,

voluto dall’allora sindaco di Firenze

Pietro Bargellini; comitato che

alla fine degli anni Cinquanta, per

salvarlo da un modificando assetto

della viabilità, lo fece smontare,

restaurare e rimontare, voltandolo

verso il nuovo incrocio stradale.

Il tabernacolo si presenta così:

è sorretto da due colonne in pietra

serena, alla sommità dell’arco

frontale è collocato lo stemma

della famiglia Bandinelli, un tetto

in mattoni rossi lo protegge e al

suo interno si trova un grande dipinto

raffigurante la Samaritana al

pozzo. Il comitato, nel 1969, fece

restaurare a proprie spese il dipinto

al pittore Cesare Benini. Fu un

lunghissimo e complesso lavoro

di restauro, effettuato anche sulle

tracce fotografiche dell’opera

originaria che non era più completamente

visibile, opera probabilmente

dipinta dal pittore Matteo

Rosselli (1578/1650). Purtroppo,

il bellissimo dipinto della Samaritana

al pozzo avrebbe di nuovo un

gran bisogno di restauro. Il bene è

adesso del demanio che lo ha dato

in comodato d’uso alla chiesa

di Coverciano per novantanove anni.

Ma ad oggi, settembre 2021, il

luogo, del tutto abbandonato, è il

gradito ritrovo di gatti e piccioni.

Ci vorrebbe proprio che il Comitato

per il decoro e restauro tabernacoli

e gli Amici dei Musei Fiorentini

si prendessero veramente a cuore

questa bellissima “edicola”, malamente

dimenticata dai più e così

colma di arte e di storia.

TABERNACOLO

73


B&B Hotels

Italia

B&B Hotels

La scelta migliore a Roma per coniugare qualità e prezzo

di Chiara Mariani

B&B Hotel Roma San Lorenzo

Se vuoi un vero assaggio della “Dolce Vita” e sei alla

ricerca di un hotel a Roma per scoprirne tutte le

bellezze, scegli B&B Hotels. La catena internazionale

con più di 580 hotel in Europa e 49 in Italia, è presente

nella capitale con ben 5 strutture, tutte localizzate capillarmente

per soddisfare qualsiasi tipo di esigenza, sempre

all’insegna della sicurezza, del comfort e al miglior rapporto

qualità prezzo. Dalle piazze alle fontane, dai monumenti

ai musei e dalle ville agli edifici religiosi, Roma è un vero

e proprio museo a cielo aperto; soggiornare qui significa vivere

un’esperienza ammaliante, in cui poter anche coniugare

un’ottima gastronomia. Visita il Colosseo, una delle sette

meraviglie del mondo moderno e l’unica in Europa. Gioca ad

osservare la Cupola di San Pietro da Villa Pamphilj: più ti avvicinerai

e più diventerà piccola, e non dimenticare il rituale

lancio della moneta alla Fontana di Trevi. Per il tuo soggiorno,

nello storico quartiere San Lorenzo, si trova il B&B Hotel

Roma San Lorenzo Termini, vicino alle stazioni ferroviarie di

Roma Termini e Roma Tiburtina, e a due passi dall’Università

degli Studi di Roma La Sapienza e dal Policlinico Umberto

I. Puoi scegliere, invece, il B&B Hotel Roma Trastevere,

che si trova nell’omonimo quartiere, a pochi passi dal Colosseo,

il Circo Massimo, i Fori romani, la Fontana di Trevi e

Piazza Navona. Nella zona Nord, il B&B Hotel Roma Pietralata

Tiburtina si trova a poca distanza dalla metropolitana,

grazie alla quale potrai raggiungere via Cavour, la Basilica

di Santa Maria Maggiore e via dei Serpenti, pullulante di locali

e bar tipici. Nella zona Sud del centro storico c’è il B&B

Hotel Roma Tuscolana San Giovanni, vicino alla metropolitana

e a punti di interesse come le Terme di Caracalla e la

Chiesa di San Giovanni in Laterano. Se invece atterri o sei in

partenza dall’aeroporto di Fiumicino, il B&B Hotel Roma Fiumicino

è perfetto per il tuo pernottamento: comodo, funzionale

e ben collegato al centro della capitale.

B&B Hotel Roma Tuscolana San Giovanni

74

B&B HOTELS


Su B&B Hotels

Destinazioni, design, prezzo: B&B Hotels unisce il calore e

l’attenzione di una gestione di tipo familiare all’offerta tipica

di una grande catena d’alberghi. Un’ospitalità di qualità a

prezzi contenuti e competitivi, senza fronzoli ma con una forte

attenzione ai servizi. Colazione con specialità salate, dolci

e gluten free, camere dal design moderno e funzionale con

bagno spazioso e soffione XL, Wi-Fi in fibra fino a 200Mega,

TV 43” con canali Sky e satellitari di sport, cinema e informazione

gratuiti. Nei B&B Hotels sono presenti Smart TV che offrono

un servizio di e-concierge per scoprire la città a 360°.

Prenota al miglior prezzo garantito solo su hotelbb.com

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B&B HOTELS

75


A tavola

con...

A cura di

Elena Maria Petrini

Antonio Petrocelli

Una vita tra cinema e teatro accompagnata dalla passione per la

fotografia, la scrittura e la buona cucina

di Elena Maria Petrini / foto Maria Grazia Dainelli e courtesy Antonio Petrocelli

In questo nuovo appuntamento della rubrica dedicata

al cibo della memoria, in cui artisti e personaggi

del mondo dello spettacolo raccontano

i gusti culinari collegati a ricordi o ad episodi particolari

della loro vita, intervistiamo l’attore, umorista,

cabarettista, scrittore e regista Antonio Petrocelli.

Originario di Montalbano Jonico, in provincia di Matera,

dove fin da piccolo scopre il piacere della recitazione,

si trasferisce a Firenze. Qui frequenta il

liceo classico e si laurea in Lettere con indirizzo storico.

Inizia la sua carriera proprio a Firenze entrando

come attore professionista al Teatro della Convenzione,

scelto da Valerio Valoriani. Durante una delle

sue esibizioni incontra Alessandro Benvenuti che

lo sceglie per farlo entrare nel gruppo dei Giancattivi

al posto di Franco Di Francescantonio. Dopo qualche

anno si trasferisce a Roma, lasciando così il posto

nei Giancattivi a Francesco Nuti. A Roma abita insieme

a Carlo Monni presso amici comuni (da qui l’amicizia con

l’attore campigiano), insieme anche a Roberto Benigni. Nella

capitale prosegue l’attività di attore e si esibisce al Teatro Alberico,

dove nell’ottobre del 1977 debuttava Roberto Benigni

con Cioni Mario, e sotto, all’Aberichino, invece Carlo Verdone

con Tali e quali. Da lì il passaggio al cinema è stato breve, e

in ben trentanove anni di carriera ha realizzato ventisei film

TV, fiction e varietà, cinque serie TV, quarantasei film e ventotto

pieces teatrali. Ha lavorato con importanti registi come:

Francesco Nuti, Gabriele Salvatores, Nanni Moretti, Giuseppe

Bertolucci, Marco Bellocchio, Liliana Cavani, Paolo Sorrentino,

Carlo Mazzacurati, Daniele Luchetti ed altri.

Quando è nata la tua passione per la recitazione?

Tutto è nato nel mio paese, alle scuole elementari, dove ho

avuto la fortuna di trovare un grande maestro che sapeva stare

con i bambini e comunicare con loro. Suppongo avesse

un grande intuito psicologico, e già negli anni Sessanta al

Sud faceva, a suo modo, animazione teatrale. Oltre a recitare

delle scenette, mi ha insegnato soprattutto a leggere la

punteggiatura e a far capire a chi ascolta quello che hai detto,

proprio come deve fare un attore con il pubblico che lo

ascolta. Questi suoi insegnamenti hanno fatto nascere in me

la passione oltre che per la recitazione anche per la scrittura,

la poesia e la sintassi. A Firenze facevo parte del gruppo teatrale

del liceo, con il quale sono stato protagonista nell’opera

intitolata Processo a Gesù di Diego Fabbri. Sempre a Firenze,

qualche anno dopo, sono entrato nel gruppo del Teatro Incontro

di Rifredi. Devo ringraziare anche la Chiesa Evangelista

Valdese di Firenze perché a loro devo il mio percorso di studi.

Antonio Petrocelli (ph. Maria Grazia Dainelli)

Vista la passione per la scrittura, hai scritto monologhi per

il teatro?

Sì. Quando ero al Teatro della Convenzione a Firenze ho conosciuto

altri attori e umoristi come Mario Pachi, il quale mi ha stimolato

a scrivere un monologo nel mio dialetto e ho prodotto

un’opera intitolata Tropico di Matera che poi ho presentato a Firenze

alla rassegna Tu-molto dei Ciompi alla casa del popolo. In

occasione di questa esibizione, grazie all’addetto stampa del Teatro

della Pergola, ho conosciuto il direttore Alfonso Spadoni, che

ha inaugurato la stagione del piccolo spazio della Pergola col

mio monologo. Un altro testo di successo è stato Puzza di Basilico

sulla realtà del Sud, drammatico, comico e poetico allo stesso

tempo. Ho anche tradotto Il canto del pastore errante in lucano

e mi sono esibito agli Uffizi in occasione dell’Estate fiorentina.

Dove hai girato il tuo primo film?

Proprio qui a Firenze nel 1977. Il film s’intitolava L’appuntamento

con la regia di Giuliano Biagetti e con la partecipazione

di Renzo Montagnani (il futuro Necchi nel film Amici Miei

ndr.) e Laura Poli, miei genitori nel film, Barbara Bouchet e

Mario Carotenuto. Poi mi sono trasferito a Roma.

Qual è il tuo “cibo della memoria” che ricordi con più emozione?

Sicuramente i fichi con le mandorle che faceva mia madre.

Il cassone dove lei conservava il cibo ancora oggi mantiene

“quel profumo” di fichi seccati al sole per una settimana e poi

aperti uno per uno per metterci dentro alloro, finocchietto selvatico

e mandorle spezzate. In seguito, venivano chiusi, messi

76

ANTONIO PETROCELLI


Sì quella della fotografia. A Firenze, in Santo Spirito, ho frequentato

lo studio di Raffaello Bencini, grazie al quale ho collaborato

a pubblicazioni con foto di palazzi e chiese

fiorentine. Ho sempre avuto la passione della fotografia;

mi sono diplomato con Vittorio Sorani e questo

mi è servito anche per fare le fotografie degli

spettacoli teatrali a cui partecipavo. Inoltre, come

dicevo prima, mi piace scrivere. A questo proposito,

ricordo con piacere tre pubblicazioni, Garofani, Volantini

ora tocca a me partire (prefazione Adriano Sofri,

CalicEditore) e Peraspina Perapoma, la prima e la

terza edite da Treditre Editori; il terzo libro ha ottenuto

il Fiorino d’Argento nel 2019.

Un messaggio per i giovani che volessero intraprendere

la carriera dell’attore?

Gli direi che sarebbe meglio avere in primis un progetto

culturale di vita oltre al talento nella recitazione.

Questo è un lavoro di grande umiltà che si può

imparare anche dall’ultimo operatore del set.

Prossimi appuntamenti per chi volesse seguirti?

Sul set del film The new Pope

in forno e, ancora caldi, venivano poi intrecciati. Questa treccia

di fichi con mandorle è decisamente il mio cibo della memoria

perché mi riporta ai primi anni in cui stavo a Roma, dove spesso

erano il mio pranzo o la mia cena.

Ti piace cucinare?

Sarò nel cartellone della prossima stagione del Teatro

Comunale Niccolini di San Casciano con il monologo

intitolato Cin cin incontro col vino - da Noè a Giacomo Tachis. Invito

i miei lettori a seguirlo perché si tratta di di una coltissima

ed esilarante esegesi attraverso i secoli con protagonista il vino,

tema centrale di innumerevoli citazioni di moltissimi personaggi,

in un’ampia sintesi acuta e brillante.

Sì molto. Ho un repertorio molto ampio, dal piatto etnico al

sugo tradizionale. Ricordo che con amici francesi preparai un

piatto di spaghetti al sugo fatto col classico pomodoro, basilico

ed olio. Rimasero stupiti perché erano molto più buoni di

tutti quelli che avevano assaggiato fino ad allora. Cucino bene

anche la carne, arista, roast beef o scamerita. Il pesce invece

ho imparato a cucinarlo grazie a Marisa Laurito, che ho conosciuto

a casa del regista Marco Bellocchio.

Nella tua carriera ricordi qualche momento di condivisione

con altri attori?

Sì tanti. Nel mondo del “cinematografo”, come diceva Carlo

Monni, capita spesso di condividere momenti che si ricordano

con piacere. Uno in particolare con Francesco Nuti, con il

quale ci ritrovammo al Festival di Venezia, lui col film Madonna

che silenzio c’è stasera, io con Gli occhi e la bocca di Marco

Bellocchio. È stato come ritrovarsi con un parente all’estero

perché avevamo fatto lo stesso percorso con i Giancattivi anche

se partendo da due strade diverse. Ricordo che, quando

eravamo a Roma, andavamo sempre a mangiare a Il Matriciano;

a Firenze invece la zona era Piazza Santo Spirito.

Hai anche altre passioni?

ANTONIO PETROCELLI

77


Benessere e cura

della persona

A cura di

Antonio Pieri

I profumi della Toscana sempre con te

di Antonio Pieri

Se avete avuto la fortuna di passare le vacanze in Toscana,

sicuramente il rientro sarà un po’ traumatico. Abbandonare

i fantastici paesaggi della nostra regione e

il cibo delizioso è sempre un problema. Però potete portare a

casa con voi i profumi di questa splendida terra grazie ai diffusori

per ambienti naturali di Idea Toscana.

Totalmente naturali

Se volete rendere la vostra casa unica e personale mantenendo

il ricordo della vostra vacanza in Toscana, i profumi

per ambiente, con i bastoncini di legno, gli spray o semplicemente

alcune gocce di essenze naturali sono l’accessorio

ideale. Ancora meglio se sono completamente naturali senza

aggiunta di componenti chimici e soprattutto senza ftalati.

Questo fa sì che anche un’esposizione prolungata non

provochi fastidi come pesantezza o mal di testa.

Ad ognuno il suo

I nostri profumatori per ambiente non sono tutti uguali ed è

molto importante scegliere quello giusto per i propri gusti e

per le proprietà benefiche di ogni fragranza.

energizzante, stimolante e dinamica, favorendo così il buon

umore e migliorando la concentrazione. Per questo motivo si

consiglia di posizionarlo in zone di studio o lavoro. È molto

utile anche in cucina per eliminare i cattivi odori.

Infine il profumatore alla Rosa sprigiona gradualmente la

sua fragranza di note fiorite e fresche di rosa turca, foglie

di geranio e lievi accenti fruttati di melone. È una fragranza

accogliente e rilassante che consigliamo di posizionare

nell’ingresso oppure nelle zone notte e di relax.

Il consiglio di Antonio

I nostri diffusori ambiente spray sono ottimi per essere

utilizzati come profumatori per l’auto. Due o tre spruzzate

daranno alla vostra auto un profumo naturale e duraturo.

Molto utili per disinfettare e profumare le ancora utili mascherine

facciali.

Durante la prossima vostra visita in Toscana vi aspettiamo nel

nostro punto vendita in Borgo Ognissanti 2 a Firenze per farvi

scoprire tutte le linee naturali e biologiche di Idea Toscana.

Il profumatore Olivo è caratterizzato

da fragranze fresche e

balsamiche che si associano

a un profumo erbaceo e vivace

di rosmarino e menta, capace

di rilassare e ridurre lo stress.

Questa fragranza è consigliata

per il soggiorno o zone di

relax, poiché riesce a rendere

l’ambiente sano, pulito e

fresco, portando benessere

al nostro corpo e alla nostra

mente.

Il profumatore Agrumi ha una

fragranza più fresca e frizzante

con note molto evidenti di

arancio, limone e bergamotto,

grazie alle quali dona all’ambiente

un’atmosfera vivace,

Antonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda il Forte srl

e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici

naturali all’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico.

Svolge consulenze di marketing per primarie aziende del settore,

ed è sommelier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.

[email protected]

Antonio Pieri

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I PROFUMI DELLA TOSCANA


Cosmetici Naturali e Biologici per il Benessere

Le Vere Fragranze Naturali Toscane

OLIVO - AGRUMI - ROSA

IDEA TOSCANA - Borgo Ognissanti, 2 - FIRENZE | Viale Niccolò Machiavelli, 65/67 - SESTO FIORENTINO (FI)

Tel. 055.7606635 |[email protected] | www.ideatoscana.it


Una banca coi piedi

per terra, la tua.

www.bancofiorentino.it

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